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Dall’«Album japonais» di sei disegni, firmati «Vincent», acquistato a un mercatino delle pulci presso Arles

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Dall’«Album japonais» di sei disegni, firmati «Vincent», acquistato a un mercatino delle pulci presso Arles

Giurisprudenza: i rischi civili e penali dei curatori di mostre

Se in mostra c’è un falso, vero o presunto, la colpa è loro. In un caso, poi, le opere esposte erano addirittura fotocopie

Gloria Gatti

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I tempi in cui Harald Szeemann, primo curatore indipendente, si definiva autore, sono finiti in un archivio da 28mila volumi e hanno lasciato il passo ai curator, che egoticamente offuscano persino i loro artisti e che ci hanno convinto che una scatola di scarpe vuota è arte (Gabriel Orozco-Biennale 1993).

Ma se Szeemann ha studiato e raccolto materiale per decenni per preparare una mostra sulla Madre, che mai ha visto la luce, i nostri curator sono «engagé», e si dedicano a raccontare la «Storia della Notte e Destino delle Comete», per replicare nel Padiglione Italia una fabbrica dismessa degli anni ’60 e caduta in malora, e per confermare ai turisti stranieri lo stato «metapandemico» del Paese (termine inventato dal curatore Eugenio Viola, Ndr), soddisfacendo il loro revanscismo e la loro atavica invidia per Venezia.

Gli Anton Ego (critico gastronomico del film di animazione «Ratatouille», prodotto dalla Pixar nel 2007, Ndr) non si occupano, però, di mostre «di cassetta» che vengono lasciate ai signori Malaussène di turno, i quali, come lui, di mestiere fanno i capri espiatori, e se in mostra c’è un falso, vero o presunto, la colpa è loro perché, comunque, sono curatori. Ma tutto è iniziato molto prima, quando un tale durante un viaggio ha comprato a un marché aux puces vicino ad Arles, per 80mila lire, un «Album japonais» di sei disegni, firmati «Vincent», di dubbia attribuzione, poi, prestati al Comune di Treviso per una mostra da lui stesso «curata» nel 2001 e subito chiusa per il sequestro delle opere.

In quei sei surreali gradi di giudizio (Trib. Treviso n. 414/2005; App. Venezia n. 369/2008; Cass. Pen. n. 9786/2009; Trib. Treviso n. 1262/2015; App. Venezia n. 1166/2018; Cass. Civ. n. 13866/2020), unici precedenti editi in materia che si sono conclusi con un «tana libera tutti», è emerso che tutte le opere esposte erano solo fotocopie accompagnate da non ben visibili pizzini in cui si dichiarava la loro natura e che «le esposizioni importanti sono sempre caratterizzate dalla presenza di opere originali non essendovi normalmente un interesse del pubblico a visionare delle mere riproduzioni».

Che cosa ne sarà dei sei anni chiesti per Rudy Chiappini, curatore nel 2017 della mostra su Modigliani al Ducale di Genova, perché secondo la Procura «tutte le opere sono state scelte da lui, che era consapevole dei dubbi su alcuni quadri», lo lasciamo immaginare a voi.

Dall’«Album japonais» di sei disegni, firmati «Vincent», acquistato a un mercatino delle pulci presso Arles

Gloria Gatti, 25 maggio 2023 | © Riproduzione riservata

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