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Frontiere chiuse per i libri antichi

Con le Regioni destituite dalla tutela dei beni librari, chi rilascerà le licenze d'esportazione per le opere pubblicate prima del 1965?

Umberto Pregliasco

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Il 4 agosto scorso la Camera dei deputati ha convertito in legge il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 in materia di enti territoriali, già approvato dal Senato il 28 luglio, che destituisce le Regioni dall'esercizio autonomo della tutela sui beni librari, senza indicare quale ente e quali uffici ne siano divenuti responsabili.
Questa interruzione di pubblico servizio (perché di fatto di questo si tratta) rende impossibile il rilascio delle licenze di esportazione di tutti i libri editi prima del 1965.
La chiusura al mercato estero, che va ad aggiungersi al crollo del mercato interno, penalizza ulteriormente i librai italiani in quella che dovrebbe essere una libera concorrenza con i colleghi stranieri. Da Germania, Francia e Gran Bretagna è consentita l’esportazione senza alcuna licenza di qualsiasi libro stampato dopo l’anno 1500 purché di valore inferiore alla rilevante soglia di 50mila euro circa.
Già l’articolo 65 del Codice unico dei beni culturali prevedeva che nessun bene librario pubblicato da oltre 50 anni, indipendentemente dal suo valore (anche uno «Struzzo» del 1963 del valore di 10 euro), potesse lasciare il territorio nazionale senza una licenza di esportazione; il reato è punito con la reclusione da uno a quattro anni. In questa nuova situazione di totale incertezza, i collezionisti italiani rinunceranno a vendere per paura che i loro beni vengano notificati e non possano quindi essere esportati e i bibliofili, o anche semplici turisti occasionali, stranieri non potranno più acquistare libri in Italia.
Il vecchio testo unico era già concepito per mortificare il mercato italiano dell’antiquariato librario, ignorando volutamente come il libero commercio all’estero dei beni librari abbia costituito per secoli un eccezionale strumento di promozione culturale per il Paese. Questa nuova legge, o quantomeno il vuoto normativo che ne deriva, di fatto lo uccide.
Una comunicazione prodotta dal Ministero dei Beni culturali ha confermato che le Regioni dovranno provvedere a rilasciare gli attestati relativi a richieste pervenute prima della pubblicazione della nuova legge sulla Gazzetta Ufficiale (14 agosto). Mentre per le istanze presentate dopo tale data non viene purtroppo ancora chiarito l'iter procedurale che si dovrà seguire. 

Il Consiglio dell'Alai, sotto la guida dell’avv. prof. Francesco Salamone, ha inviato una lettera al ministro Dario Franceschini, al direttore generale Biblioteche e Istituti Culturali Rossana Rummo, al sottosegretario del Mibact Ilaria Borletti Buitoni, alla dirigente per il patrimonio bibliografico Angela Benintende, alla capogruppo Pd in Commissione Cultura alla Camera on. Manuela Ghizzoni e alla presidente della stessa Commissione Cultura, on. Flavia Piccoli-Nardelli, sollecitando gli interessati a prendersi cura di questo problema essenziale alla sopravvivenza del nostro mestiere.
È possibile che a breve alcuni funzionari provenienti dalle Province dismesse possano andare a occupare gli uffici periferici del Ministero. L’Alai, l'Associazione librai antiquari italiani, di cui per sei anni sono stato presidente, non discute l’opportunità della legge, ma il fatto che il legislatore non si sia preoccupato di considerare le conseguenze esiziali per la nostra categoria. Ogni anno i cento librai antiquari italiani erano obbligati a portare presso le Soprintendenze regionali migliaia di volumi antichi affinché fossero controllati e fotografati; quando sapranno a chi rivolgersi, a quale distanza dovranno recarsi per queste pratiche?
Durante i miei anni di presidenza dell’Alai ho tentato di instaurare un rapporto collaborativo con il Ministero dei Beni culturali; quando, dopo mesi di istanze nel 2007 sono stato ricevuto dal capo dell’Uffico Legislativo, qualsiasi nostra richiesta è stata rigettata. Qualche vaga e vana promessa hanno ottenuto i miei successori, Fabrizio Govi (2011-2015) e Marco Cicolini, i quali hanno inoltre dovuto fronteggiare la difficile situazione derivata dalla triste vicenda della devastazione della biblioteca napoletana dei Girolamini.
Fa sorridere che il Ministero, che incarica oggi il grande Giancarlo Giannini per un’accattivante pubblicità televisiva che celebra gli archivi e le biblioteche italiane, sia lo stesso che ha incaricato della direzione di una biblioteca così prestigiosa un personaggio come Massimo De Caro. Imposto in quel ruolo da due noti politici italiani, entrambi ospiti delle patrie galere (Marcello Dell’Utri e Giancarlo Galan), era già implicato, secondo la ricostruzione della Procura, in un enorme giro di tangenti nell’ambito delle bioenergie per il colosso russo Renova Group del magnate russo Viktor Vekselberg.
Condannato in via definitiva dalla Cassazione a sette anni di carcere per peculato, falsario confesso, è libero di uscire ogni giorno per 12 ore dalla villa sulla collina veronese dove gli sono stati concessi i domiciliari. Sicuramente molto rischioso per De Caro sarebbe rendere pubbliche le proprie informazioni sulle vicende russe. Quindi, si «limita» a parlare di libri rubati e contraffatti, concedendo interviste, lanciando proclami su Facebook, vendendo testi antichi e proponendo di «mettere la sua esperienza» (!) al servizio dell’Alai e dell’associazione internazionale per limitare i furti nelle biblioteche e per smascherare i falsi. Come ha scritto Conchita Sannino su «la Repubblica», una nuova «piccola storia emblematica, quella dell’ex svaligiatore detenuto e libero: fotografia di uno Stato che non sa tutelare i suoi tesori, e neppure sanzionare i suoi traditori».
Umberto Pregliasco, Libraio Antiquario, Torino
già presidente dell'Alai - Associazione Librai Antiquari Italiani


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Umberto Pregliasco, 25 settembre 2015 | © Riproduzione riservata

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