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Stefano Miliani
Leggi i suoi articoli«L’immagine di San Francesco? Non ha una definizione univoca se non per alcuni attributi: uno è il cappuccio che, a punta, segue il pauperismo iniziale mentre appare stondato nelle tuniche sartoriali dei francescani meno pauperistici. E molte tuniche a punta sono state successivamente stondate»: così Stefano Papetti, curatore delle raccolte del Comune di Ascoli Piceno, condensa una delle divaricazioni ideologiche del francescanesimo indicando un possibile tracciato di lettura per la mostra «Francesco nell’arte. Da Cimabue a Caravaggio» in corso alla Pinacoteca Civica ascolana fino al 30 giugno.
Imbastita per l’anno del Giubileo e per gli otto secoli da quando, nel 1215, il frate andò nel Piceno, la rassegna muove da Margaritone d’Arezzo (1250-90 ca) e da una tavola assegnata a Cimabue (1240-1302) dal Museo Porziuncola di Assisi per finire con un’«Estasi» da Vicenza di Gian Battista Piazzetta (Venezia, 1682-1754) e con l’ascolano Biagio Miniera (1697 - post 1755). La trentina di dipinti, scelta da Papetti insieme a Giovanni Morello, fra Vittore Crivelli (Venezia, 1435 ca - Fermo, 1501 ca), un Tiziano del museo ascolano, Annibale Carracci, Federico Barocci, Orazio Gentileschi e Guido Reni, nel titolo sbandiera Caravaggio perché include il «San Francesco in meditazione» della chiesa di Carpineto Romano: il dipinto, in prestito perpetuo alla Galleria Nazionale di Palazzo Barberini a Roma, è una delle due versioni attribuite al pittore e raffiguranti il fondatore dell’ordine mentre riflette su un teschio.
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