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Fragile come una stella

Tutto Tancredi in una straordinaria retrospettiva

Tancredi torna a casa, che non vuole dire solo Venezia, ma più specificamente quel museo che raccoglie le opere collezionate dalla donna che progettò con americano pragmatismo il successo internazionale del pittore nato a Feltre nel 1927 e morto a Roma nel 1964. «La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba. Tancredi. Una retrospettiva» è il titolo della mostra aperta dal 12 novembre 2016 al 13 marzo 2017 presso la Collezione Peggy Guggenheim. Il curatore della mostra Luca Massimo Barbero ha inteso mettere a fuoco proprio il rapporto di Tancredi Parmeggiani (che si firmerà dal 1949 solo Tancredi) con la ricca ereditiera e mecenate, innamorata di Venezia (e anche un po’ di lui).

Delle oltre novanta opere esposte, tra carte e dipinti che spaziano dalle prime prove figurative del ’46 ai primi anni Sessanta, molte sono infatti quelle acquisite da Peggy Guggenheim negli anni, tra il 1951 e il 1955, in cui sostenne con forza il giovane pittore, trasformando una cantina del suo Palazzo Venier dei Leoni in atelier dell’artista e attuando una mirata campagna promozionale della sua pittura mediante numerose donazioni a musei americani di sue opere, dal MoMA di New York al Phoenix Art Museum, al Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford. Molte di queste opere, riunite per la prima volta, sono ora esposte a Venezia. Ispirato tanto dai riflessi luminosi sui canali veneziani, quanto dai mosaici della Basilica di San Marco, oltre che dagli amati prati fioriti in primavera, il pittore dispiegò nelle sue opere il senso di uno spazio pittorico che prende corpo mediante un’infinita frammentazione del segno.

Le sue tessiture policrome vibratili e ariose, erano in piena sintonia con lo Spazialismo di Lucio Fontana. Nel ’52 firma anche un Manifesto del movimento milanese, con cui entrò in contatto grazie a Carlo Cardazzo, che allestirà numerose personali di Tancredi nelle sue gallerie. Dopo il successo internazionale nella seconda metà degli anni Cinquanta (con mostre a Londra e New York), i primi anni Sessanta sono segnati dall’impegno politico di cicli come «Hiroshima» (1962) e dalla polemica contro la mercificazione dell’arte nella serie di pitture-collage «Fiori dipinti da me e da altri al 101%» (1962-63), in questa mostra per la prima volta ampiamente esposta. È il periodo delle primi crisi nervose e dei ricoveri in ospedali psichiatrici.

Dopo l’ultimo del ’64, sull’Isola di San Servolo a Venezia, si reca a Roma. Ma è la sua città fatale. Nel 1950-51, a contatto con Turcato, Dorazio e Perilli, aveva iniziato il suo percorso nell’arte astratta; quando vi torna nell’estate del 1964, alloggiando in una piccola pensione a Campo dei Fiori, al sollievo iniziale segue una nuova crisi e la decisione (è l’alba del 27 settembre) di gettarsi nel Tevere, dove sarà ripescato quattro giorni dopo, presso l’antico Ponte Sisto.

Guglielmo Gigliotti, 11 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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Fragile come una stella | Guglielmo Gigliotti

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