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Eroi venuti dal mare

Laura Giuliani

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Nel libro di Donzelli uso e consumo dei Bronzi tra kitsch e icone pop

Tutto ha avuto inizio nel lontano 1972 quando, il 16 agosto al largo delle acque di Riace, in Calabria, venivano recuperate dai fondali due imponenti statue tutte di bronzo, a grandezza superiore a quella naturale. Sprigionavano (e sprigionano tuttora) un che di maestoso e solenne, un’aura di mistero e di prodigio, tanto da destare fin da subito curiosità e meraviglia. 

Dalla folla assiepata sulla spiaggia e dal grande clamore mediatico conseguente alla scoperta di questi «eroi venuti dal mare», prende avvio il volume pubblicato di recente da Donzelli dal titolo Sul buono e cattivo uso dei Bronzi di Riace. Un piccolo saggio molto interessante, che si legge tutto di un fiato perché scritto in maniera semplice e divulgativa senza tralasciare l’aspetto scientifico, su uno degli argomenti che da sempre hanno affascinato il grande pubblico.

Nato da un’idea di Salvatore Settis che è uno degli autori insieme con Maurizio Paoletti, e il contributo di altri sei studiosi (S. Bonomi, G. Botta, P.G. Guzzo, C.G. Malacrino, G. Pucci, M. Torelli), il libro racchiude più scritti, «dati, racconti, pensieri e riflessioni» su quello che è successo in oltre quarant’anni dal rinvenimento delle statue, rarissimi originali greci in bronzo del V secolo a.C., offrendo spunti per riflettere anche in maniera più ampia «sul destino del nostro patrimonio culturale, sulla centralità della conoscenza (cioè della ricerca) senza la quale il circuito tutela-valorizzazione- fruizione è destinato a crollare nel nulla». 

Partendo dalla loro scoperta e recupero, dagli interventi di restauro e dall’identità dei due Bronzi, A e B, sui quali ancora si discute (sono molteplici le interpretazioni circa cronologia, identificazione e rimane ancora aperta la questione se la coppia di statue costituisse un unico gruppo o meno), si scopre così che la prima apparizione in pubblico dei Bronzi risale al 15 dicembre 1980 al Museo Archeologico di Firenze: è la consacrazione delle statue a vere e proprie superstar.

Ma, si legge nel libro, qualcosa non va come si deve. Come hanno gestito gli archeologi e le istituzioni politiche un simile evento? Che cosa non ha funzionato negli ingranaggi del meccanismo mediatico? Di fatto quella che poteva essere una grande occasione per l’archeologia si rivelò un’occasione mancata, un vero e proprio fallimento.



A interrogarsi sugli errori compiuti è Salvatore Settis nel saggio iniziale in cui descrive la comunità archeologica incapace di prevedere un successo simile, inadeguata a comunicare la scoperta con un libro o una brochure, incapace di trovare l’occasione per esplorare i fondali nel lasso di tempo tra il recupero e la comparsa dei Bronzi in pubblico, e da ultimo impotente da comprendere e analizzare quel successo di massa fino a degradarlo a fenomeno incolto e barbarico, arrivando a considerare le statue mere copie di età romana.

E se Mario Torelli, nel suo saggio, rincara la dose soffermandosi soprattutto sul cattivo uso dei Bronzi percepiti dalla cultura popolare quasi come «essenze oscure», utilizzati come testimonial della Regione Calabria in pubblicità di dubbio gusto e in fumetti pornografici, nel racconto «autobiografico» di Simonetta Bonomi, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria dal 2009 al marzo 2015, traspare tutto il legame viscerale che unisce i Bronzi alla Calabria e al suo Museo.

Senza dimenticare l’incresciosa vicenda con Gerald Bruneau, fotografo e collaboratore di Andy Warhol, le cui fotografie irriverenti del bronzo A col boa color fucsia e tanga leopardato hanno fatto il giro del mondo, contribuendo ad alimentare quell’entusiasmo per una visione kitsch dei bronzi affrontata poi nel saggio di Maurizio Paoletti. 

Contemporaneamente all’uso distorto e commerciale delle immagini dei Bronzi, gli autori del libro si soffermano sull’incapacità della classe politica di compiere scelte coraggiose soprattutto in merito alla questione della loro collocazione. 

Le statue devono essere prestate per mostre e altri eventi? «Fortunatamente, scrive Paoletti, le statue si sono risparmiate altri viaggi molto pericolosi per la loro incolumità: [i Bronzi] non sono andati alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984; non sono partiti nel 2009 per il G8 della Maddalena; con fatica nel 2015 hanno rinunciato alla trasferta presso l’Expo di Milano, anche se per giungere a questa decisione è stato necessario nominare una commissione ad hoc».
E conclude: «Il “buon uso” dei Bronzi comincia da qui, dalla capacità dei tecnici, degli esperti e degli archeologi di prendere decisioni scomode per la classe politica; invece per quest’ultima il “buon uso” sta racchiuso tutto nella volontà e nell’intelligenza di non disattendere quei pareri, anzi di rispettarli al di là delle polemiche inutili».

Sul buono e cattivo uso dei Bronzi di Riace
di Maurizio Paoletti e Salvatore Settis
116 pp., 37 ill.
Donzelli editore
€ 20,00

Laura Giuliani, 28 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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