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Eden postcapitalista

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Francesca Romana Morelli

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Il collettivo milanese Parasite 2.0, fondato nel 2010 da Stefano Colombo, Eugenio Cosentino e Luca Marullo, tutti classe 1989, è consapevole della forza della controcultura e della sua appropriazione da parte dei poteri egemoni: «È l’accostare la parola “Anarchia” a “Capitalismo”, come l’Anarcho-Capitalism, che è la più grande cazzata di tutti i tempi. Che differenza passa tra il Whole Earth Catalog e Amazon? Che differenza passa tra Nomadic Furniture e Ikea?».

Fino al 30 novembre da Operativa Arte Contemporanea, Parasite 2.0 propone «The domestic promised land: the desert, the net and the bones», un progetto frutto della ricerca, immaginazione di modelli di vita collettiva alternativi, incentrati sui luoghi, o meglio sui concetti di «isola» e di «deserto». L’idea è di formulare habitat per la sopravvivenza umana in situazioni di crisi scaturite da conflitti, da destabilizzazioni, a cominciare da quelle climatiche, con la conseguente penuria di materiali naturali. Così Parasite 2.0 ha immaginato da una parte uno spazio deserto in cui, utilizzando le ossa di un animale preistorico, rinasce l’utopia dell’eden, dall’altra un’isola dalla natura artificiale, dove elementi geometrici, rami di kentia e neon danno la possibilità all’uomo di trovare quella concentrazione per riguardare se stesso nel profondo.
 

Francesca Romana Morelli, 08 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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Eden postcapitalista | Francesca Romana Morelli

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