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Olga Scotto di Vettimo
Leggi i suoi articoliTomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna, Salerno, 1931), artista che con il proprio pseudonimo ha tramutato la contestazione al mondo maschile in un’occasione di critica ironica e dissacrante, espone sino al 4 marzo da Tiziana Di Caro opere della serie dei «polistiroli» e dei «ritratti analogici».
La mostra presenta alcuni lavori che l’artista presentò nel 1972 in occasione delle sue personali alla Paesi Nuovi Art Gallery a Roma e alla galleria Il Diagramma 32 a Napoli. Riciclando gli imballaggi in polistirolo posti all’interno delle scatole di cartone, Tomaso Binga tra il 1971 e il 1973 riutilizza il materiale quasi sempre senza intenzioni allusive o rinvii, ma così come esso si presenta.
Diversamente da quanto avviene per «Autoritratto», raro esempio di intervento significativo sul polistirolo, che viene diviso in due forme su cui sono sovrapposte immagini di una bocca e di un occhio, nelle altre opere in mostra emergono dal polistirolo, lasciato nella sua forma di imballaggio, figure e simboli che segneranno la ricerca dell’artista negli anni Settanta.
I «Ritratti analogici», infine, sono realizzati attraverso la composizione di iniziali di nomi o di cognomi e parti anatomiche del corpo umano, nell’ambito di un rapporto tra arti visive e parola su cui l’artista costruirà anche la sua successiva produzione.
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