
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Arte
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Vernissage
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Economia
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale delle Mostre
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Vedere a Venezia
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Arte
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Vernissage
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Economia
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale delle Mostre
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Vedere a VeneziaVerifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine


Chiara Coronelli
Leggi i suoi articoli
Concepita site specific per l’Opera Ferdinando, il nuovo Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere inaugurato lo scorso 30 aprile al Forte di Bard, la mostra «Paolo Pellegrin. Frontiers» (prodotta in collaborazione con Magnum Photos e visitabile fino al 26 novembre) presenta qui in anteprima mondiale il lavoro che il fotoreporter ha realizzato nel 2015 documentando i flussi migratori che da oriente si spingono verso l’Europa.
Il suo obiettivo inquadra i profughi durante la traversata del Mediterraneo, gli sbarchi, e poi la vita nei centri di accoglienza, in immagini scattate per la maggior parte sull’isola di Lesbo dove secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, sono approdati più di 500mila rifugiati, degli 850mila arrivati in Grecia in quell’anno. Nato a Roma nel 1964, e membro effettivo di Magnum dal 2005, Pellegrin pubblica da sempre sulle maggiori testate internazionali, collaborando con «Newsweek» e il «New York Times Magazine».
Tra i molti riconoscimenti anche dieci World Press, una Robert Capa Gold Medal, uno Eugene Smith Grant in Humanistic Photography. Considerato oggi uno dei più grandi e sensibili fotogiornalisti del nostro tempo, Pellegrin si è sempre mosso sul terreno della responsabilità che la fotografia chiama in causa ogni volta che inquadra un soggetto, e ogni volta che poi lo offre al lettore. Scrupoloso nella ricerca, consapevole del difficile ruolo di testimone, e distante dal dolore quanto gli impone il rispetto dell’altro, il suo sguardo continua a crescere facendosi sempre più essenziale per puntare al senso di quello che vede, e tradurlo in composizioni capaci di trasformarsi in domande «perché nessuna fotografia, ha detto, esiste davvero se non incontra una coscienza che la accoglie e la completa».