Di nuovo insieme i quattro santi di Carpioni 45 anni dopo

Nel Museo degli Affreschi Cavalcaselle alla Tomba di Giulietta sono state riunite le tele del pittore veneziano per la chiesa di San Leonardo a Verona

«San Paolo», di Giulio Carpioni, dal Museo Civico di Bassano del Grappa
Camilla Bertoni |  | Verona

Una chiesa di origine romanica, dedicata a San Leonardo sulle colline del quartiere Valdonega a Verona. Dal 1407 fu sede dei canonici lateranensi di Sant’Agostino e fu arricchita con un ricco ciclo decorativo, disperso in seguito alla soppressione dell’ordine e la conseguente demanializzazione nel 1783. Comprendeva la monumentale pala dell’altare maggiore di Girolamo dai Libri, raffigurante la «Madonna con Bambino e santi» del 1520 ca, oggi al Metropolitan Museum di New York, le tele di Felice Brusasorci e Giovan Francesco Caroto e una nutrita serie di dipinti di età barocca, opera di Giulio Carpioni, Gregorio Lazzarini e Antonio Bellucci, in gran parte spariti per furti o dispersi nel mercato antiquario.

Di quella decorazione oggi sono state ricomposte quattro tele di Giulio Carpioni (Venezia 1613-78), un temporaneo «ritorno» voluto in occasione del comodato ai Musei Civici di Verona di una di queste da parte del privato proprietario: raffigurante sant’Agostino e databile come le altre tre all’ottavo decennio del XVII secolo, si trova esposta da oggi fino al 27 agosto al Museo degli Affreschi Cavalcaselle alla Tomba di Giulietta nella miniesposizione «Ritorni. I dipinti di Giulio Carpioni per la chiesa di San Leonardo», a cura di Luca Fabbri.

«Sant’Agostino» è qui affiancato da «San Pietro», prestito da privati proprietari, da «San Paolo» e da «San Gregorio Magno», provenienti dal Museo Civico di Bassano del Grappa. Si trova quindi riunito per la seconda volta il ciclo dopo che, nel 1978, le quattro tele erano apparse insieme nella mostra «La pittura a Verona tra Sei e Settecento» a cura di Licisco Magagnato.

Giulio Carpioni si formò alla bottega di Padovanino prima di giungere, a poco più di vent’anni, a Vicenza dove il suo composto classicismo riscontrò un grande successo ottenendo numerose committenze pubbliche e private. «Le quattro tele», spiega il curatore Luca Fabbri, «permettono di valutare una delle commissioni cittadine più importanti tra quelle ricevute dal pittore, e di misurare l’impatto che la sua opera ebbe all’interno del contesto pittorico locale, influenzando un’intera generazione di autori (da Biagio Falcieri a Martino Cignaroli, da Francesco Perezzoli a Carlo Sferini) che dovette formarsi al tempo del soggiorno veronese del maestro».

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