Silvano Manganaro
Leggi i suoi articoliSarà stato l’isolamento, sarà stata la voglia di tornare a soggetti tradizionali e intimi, saranno i riferimenti al «memento mori» o alla bellezza della vita o della natura ma mai come nell’ultimo anno un po’ ovunque sono sbocciate (appunto) mostre che hanno come tema «i fiori».
Non ha fatto eccezione Fabio Sargentini che, fino al 3 marzo, espone nella sua galleria di via del Paradiso sei quadri accomunati da un titolo, «Corpi fioriti», e da un testo di Lorenzo Canova. Come fa da diversi anni, il gallerista romano si diverte ad accostare tra di loro opere a lui care e che, in qualche modo, gli danno ancora da pensare e «da sentire».
Nel dettaglio, in questa occasione, troviamo esposti: un quadro del surrealista Victor Brauner, «La Criarde», del 1943; tre opere di Luigi Ontani, due del 1972 dal titolo «Bacchino» e l’altra, «Tulipano nell’ano», del 1980; e infine due dipinti di Stefano Di Stasio, «I Destinati» (1995) e il recente «Rose a nudo», del 2021.
Quadri e fotografie, corpi e strane gemmazioni floreali emergono dalla penombra della galleria, come fossero vere e proprie apparizioni, fantasmi o ricordi che catturano la nostra attenzione.
«Sono felice di poter riaprire l’attività, ha dichiarato lo stesso Sargentini, questo per me vuol dire la vita. Ritrovo gli artisti con i quali ho lavorato e continuo a lavorare tutt’oggi. Sono compagni di strada. Anche Victor Brauner lo è, nonostante sia scomparso negli anni Sessanta. Lo portai in Italia io per primo, appena ventenne».
Articoli precedenti
La galleria romana inaugura la nuova sede con una collettiva che coinvolge tutti i suoi artisti e si avvicina a z2o Project, sua costola sperimentale
180 opere dalla collezione di Bruno Decharme realizzate da malati mentali, detenuti, emarginati
La mostra da Gilda Lavia condensa opere di ieri e di oggi attraverso un originale allestimento che immerge lo spettatore nel pensiero dell’artista siciliana
I colorati dipinti del pittore caraibico, esposti da Gagosian, sono un inno alla resilienza e all’imprevedibile adattamento del mondo vegetale