Da caserma a museo archeologico

Inaugurata la sezione Preistoria e Protostoria del nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona nell’ex edificio militare di San Tomaso

Vaso a bocche multiple recuperato durante lo scavo archeologico della Palafitta del Laghetto del Frassino presso Peschiera del Garda, Età del Bronzo antico Il sottotetto della caserma con l’allestimento della sezione dedicata alla preistoria e alla protostoria Una delle vetrine della sezione dedicata alla preistoria e protostoria
Camilla Bertoni |  | Verona

Porte aperte finalmente dopo circa vent’anni di attesa per il nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona, parzialmente allestito nell’ex caserma austriaca di San Tomaso, appena al di là dell’ansa dell’Adige in cui è racchiuso il centro storico e a poca distanza dal civico Museo Archeologico al Teatro Romano.

Uno scrigno che racchiude pezzi che da soli valgono una visita: come lo «Sciamano» di Fumane, dall’omonima grotta dove è stato rinvenuto nel cuore della Valpollicella, una delle più antiche rappresentazioni antropomorfe esistenti (su pietra calcarea), risalente a 45mila anni fa, scelto come logo della nuova istituzione.

Frutto dell’idea di valorizzare i materiali emersi durante campagne decennali di scavo in città e in provincia, il progetto museale è stato inizialmente perseguito dal Ministero con i funzionari del Nucleo operativo di Verona della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Veneto, diretto allora da Giuliana Cavalieri Manasse, racimolando pazientemente gli scarsi fondi ministeriali messi a disposizione in passato in maniera discontinua.

Finalmente foraggiato con fondi del MiC, che ha stanziato ancora per il 2021-23 due milioni e 600mila euro, e in attesa di altri provenienti dal Pnrr, il nuovo progetto di allestimento porta fin qui la firma di Federica Gonzato che ne ha raccolto l’eredità dal 2015: l’archeologa però da novembre scorso ha ottenuto la dirigenza della Soprintendenza di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, e passa dunque il testimone a Giovanna Falezza, nominata direttrice del nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona.

Sarà lei a curare la sezione dell’archeologia classica, al secondo piano della caserma, dopo che quella preistorica e protostorica sono state messe a punto da Gonzato nel sottotetto. «Non tutte le città possono vantare un museo nazionale», commenta Falezza. E aggiunge: «Il contesto veronese ha restituito una quantità incredibile di reperti eccezionali che meritavano un’adeguata valorizzazione».

«Costruito intorno all’idea di raccontare l’esperienza del quotidiano, spiega Gonzato, sarà un museo di riferimento per la comunità scientifica, ma trovandosi, oggi come nelle età antiche, su un crocevia importante, sarà di forte attrazione turistica. Un pozzo in legno dell’Età del Bronzo da Bovolone è un altro degli oggetti rarissimi che si potranno vedere, così come i manufatti dalla necropoli di Nogarole Rocca, il cui scavo è appena terminato, o quelli trovati in ambiente anaerobico e in eccezionale stato di conservazione provenienti dai villaggi palafitticoli che fanno parte del sito Unesco transnazionale più grande d’Europa tra Italia (dislocato tra Verona e Padova), Austria, Slovenia, Germania e  Francia».

Se i reperti preistorici vengono dal territorio della provincia, quelli con cui sarà costruita la parte romana provengono soprattutto dagli scavi condotti in città. «Verona ha restituito tantissimo, a partire dal Capitolium, spiega la direttrice Falezza, al quale appartiene un frammento catastale in bronzo: documenti come questi, che spiegano come fosse organizzato il territorio intorno alla città, ce ne sono pochissimi al mondo, si contano sulle dita di una mano. Proporremo ricostruzioni virtuali in 3D e tanto materiale inedito, come quello proveniente dalla necropoli di Porta Palio con corredi preziosi e rari, o frammenti di decorazioni che non hanno uguali nel Nord Italia, come gli affreschi provenienti dal tempio tardorepubblicano di Marano di Valpolicella in primo stile pompeiano».

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