Collezioni di due vite

Alberto della Ragione e Giuseppe Iannaccone a confronto

Carlo Carrà, «I capanni sul mare», 1941
Laura Lombardi |  | Livorno

Si svolge al Museo della Città (fino al 31 gennaio) il dialogo tra due importanti collezioni, l’una pubblica, quella di Alberto Della Ragione (1892-1973), conservata al Museo Novecento di Firenze perché donata alla città messa inginocchio dall’alluvione del 1966, e quella privata, di Giuseppe Iannaccone (1955). Il titolo, con rimando alla «Tosca» di Puccini, «Vissi d’arte», illustra il progetto ideato da Sergio Risaliti, e da lui curato con Eva Francioli ed Elena Pontiggia (catalogo Forma), che riunisce un centinaio di capolavori di grandi maestri dell’arte italiana del Novecento, collezionati con passione, intelligenza e sensibilità da due figure impegnate, un ingegnere e un avvocato, entrambi campani, ma che hanno svolto la loro carriera in Nord Italia (Liguria e Lombardia).

Le raccolte, pur costituite in epoche storiche diverse, sono accomunate dall’affinità di interessi per artisti o scuole, come quella Romana e gli artisti di «Corrente» (bottega che Della Ragione rileva per trasformarla in galleria «La Spiga Corrente» nel 1942 ). Si intersecano dunque opere della collezione Iannaccone come «L’intagliatore» di Rosai (1922), la «Composizione» di Pirandello del 1924-26, la «Crocifissione (da Tintoretto)» di Vedova, «La finestra blu» di Guttuso (1940) o il «Postribolo» di Zivieri del 1945 con quelle dalla raccolta Della Ragione, ad esempio il «San Francesco che predica agli uccelli» di De Pisis (1931), il «Massacro» di Guttuso (1943), «Fantasia» di Mafai (1940), la «Natura morta» di Morandi del 1937-38 o «I capanni sul mare» di Carrà del 1941.

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