Forse alcuni rammentano l’abito che Antonella Ruggiero indossa nella cover di «Aristocratica» dei Matia Bazar (1984): un vestito di seta verde le cui forme richiamano i gradoni degli ziggurat mesopotamici.
Si tratta di una delle creazioni più iconiche della stilista, designer e artista milanese Cinzia Ruggeri (1942-2019): una figura fluida ed eclettica, che fu in grado di muoversi tra molteplici media e discipline con una freschezza invidiabile ai più.
Persino Dino Buzzati ne restò affascinato, tanto che in occasione della sua prima personale alla Galleria del Prisma di Milano ne scrisse il testo di accompagnamento alla mostra (e all’epoca Ruggeri aveva solo 17 anni).
Dopo la tappa al MACRO di Roma, il Goldsmiths CCA le dedica dal 5 novembre al 12 febbraio un’ampia retrospettiva (a cura di Luca Lo Pinto), in grado di illustrare il caleidoscopico e variopinto universo di un’artista geniale e originalissima.
Fra i lavori esposti, alcuni abiti e accessori da collezioni concepite negli anni Settanta e Ottanta: ad esempio, gli stivali a forma di Italia e l’Abito Letto, un vestito dotato di cappello-cuscino che ha ispirato generazioni di designer, come Viktor & Rolf e Martin Margiela.
Oltre a mosaici, sculture e gioielli, la mostra presenta anche la ricostruzione di «la règle du jeu?», l’ultima esposizione di Ruggeri, inaugurata pochi mesi prima della sua scomparsa.
Il progetto, che ruba il titolo a un film di Jean Renoir, prende la forma di una camera delle meraviglie i cui oggetti disparati costituiscono gli indizi per un racconto autobiografico.
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