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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliRoma. Roma. Sono una sessantina gli esperti civili e militari che possono fregiarsi per primi del titolo di «Casco blu della cultura», 31 di loro hanno già completato, nei giorni scorsi a Roma, il corso formativo e teoricamente possono partire per i luoghi del mondo dove ci sono emergenze legate al patrimonio culturale.
I nomi di questi primi 31 caschi blu della cultura, chiara derivazione dai Caschi blu delle Nazioni Unite nati nel 1945 e vincitori nel 1988 del Nobel per la pace, non sono stati resi noti dal Mibact per motivi di sicurezza, ma tra loro ci sono storici dell'arte, architetti, archeologi e restauratori oltre ad alcuni carabinieri Tpc: tutti sono volontari in questo servizio e non riceveranno aumenti di stipendio nel caso dei dipendenti pubblici.
Il loro percorso formativo ha previsto dopo la selezione visite mediche, quattro giorni di corso di addestramento a Livorno, un altro corso teorico presso la Scuola Superiore sant'Anna di Pisa in collaborazione con i carabinieri del nucleo Tuscania. Infine, presso una caserma romana hanno sostenuto il corso di qualificazione Unite for Heritage. «I corsi, ha spiegato un architetto dei caschi blu alla "Stampa" di Torino, sono stati molto utili anche se tanti di noi sono già stati in varie parti del mondo. Io ad esempio ho lavorato in Nepal e in Afghanistan, ma ora siamo in grado di comprendere alcuni particolari fondamentali per muoversi in zone a rischio».
La decisione di dare vita a questo corpo speciale è del Governo italiano che nello scorso febbraio ha firmato con l'Unesco - Nazioni Unite la costituzione della task force italiana nel contesto della coalizione globale Unesco Unite4Heritage. Il memorandum è stato sottoscritto dal ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni e dalla direttrice generale dell'Unesco Irina Bokova.
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