Casa Corbellini-Wassermann ha incantato Bochner

Con i nuovi dipinti su tela di velluto da MASSIMODECARLO l’artista americano prosegue la sua indagine sulla relazione tra forma artistica e linguaggio

Una veduta della mostra di Mel Bochner da MASSIMODECARLO. Foto: Roberto Marossi. Cortesia MASSIMODECARLO
Francesca Interlenghi |  | Milano

La galleria MASSIMODECARLO dedica una mostra personale a Mel Bochner (1940, Pittsburgh, Pennsylvania), uno dei protagonisti di maggior rilievo delle tendenze concettuale e post-minimalista. A lui va riconosciuto il merito di aver organizzato, nel dicembre del 1966 presso la School of Visual Art di New York, quella che spesso è ricordata come la prima mostra concettuale «Working Drawings and Other Visibile Things on Paper not Necessarily Meant to be Viewed as Art», in cui figuravano alcuni esponenti di spicco della tendenza minimal americana come Donald Judd, Dan Flavin o Sol LeWitt.

Artista prolifico, attivo da oltre sessant’anni con opere che spaziano da dipinti astratti e geometrici a installazioni murali e sculture, fino ad arrivare a disegni e fotografie, Bochner sfida la percezione visiva esplorando con la sua rigorosa ricerca l’intersezione tra linguaggio e spazio, tra parola e immagine. Il progetto espositivo pensato per questa occasione, volutamente privo di titolo, raccoglie l’ultimo corpus di lavori dell’artista, realizzati nel 2023 traendo ispirazione da Casa Corbellini-Wassermann, mirabile esempio di razionalismo italiano, progettata da Piero Portaluppi tra il 1934 e il 1936 e attuale sede della galleria.

Impressionato dall’eccentricità dello spazio milanese, Bochner ha dichiarato: «Ero ansioso di misurarmi con questo straordinario contesto e l’ho considerata un’occasione perfetta per presentare una mostra in Italia, con l’intento di sorprendere e sfidare le aspettative del pubblico». I nuovi dipinti realizzati su tela di velluto, che conferisce loro un ulteriore livello di materialità e dimensionalità, non distolgono l’attenzione dell’autore dalla concezione dell’arte come indagine epistemologica e dalla stretta relazione tra forma artistica e linguaggio. Frasi e conversazioni ascoltate per caso, esclamazioni ed espressioni colloquiali vengono presentate in maniera visiva nei suoi quadri, come oggetti d’arte in sé.

Ne è un esempio l’opera «Ha Ha Ha» (2023), esposta in due iterazioni distinte: una striscia orizzontale e una tela tradizionale. L’espressione onomatopeica «Ha», oltre a denotare la risata, pone l’accento sul carattere di brevità che caratterizza la comunicazione odierna in ambito digitale. E giocando con la sincerità del suo sforzo creativo, Bochner riconosce scherzosamente l’impatto longevo che il suo lavoro ha avuto sul mondo dell’arte concettuale. Ma anche l’ironica «Blah, Blah» (2022) e l’irriverente «$#!+» (2022), che allude alla parola «Shit», «merda», dilatano lo sguardo del visitatore sui numerosi livelli di interpretazione offerti dalla combinazione di parole, texture e colori vibranti.

L’esposizione, visibile sino al 20 dicembre, presenta inoltre i famosi «Measurement Paintings», la serie di tele monocrome con frecce e annotazioni numeriche iniziata a partire dal 1968.  Questa dell’artista americano è espressione di una pittura che non significa altro che sé stessa e che affrancandosi dalla dimensione ancora oggettuale dell’astrazione minimalista passa a quella mentale dei sistemi logici e matematici.

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