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Chiara Coronelli
Leggi i suoi articoli«Osservata dall’esterno, la scena contemporanea giapponese appare nella sua complessità ricca, assai variegata, finanche seducente. La stessa impossibilità di definire una o più tendenze assume immediata valenza positiva, tali e tanti sono i campi d’indagine, tutti affrontati con pari intensità e quella originalità di cui molte volte difetta la fotografia occidentale». Così scrive Filippo Maggia nel testo introduttivo al catalogo (edito da Skira) di «Seven Japanese Rooms. Fotografia contemporanea dal Giappone», la mostra di cui è curatore, in corso fino al 5 marzo alla Fondazione Carispezia.
Un excursus che prende in considerazione sette tra i più incisivi autori del panorama nipponico di questi anni e dove, a fronte dell’eterogeneità di forme, mezzi e linguaggi, i lavori degli artisti si radicano tutti nell’esperienza concreta del mondo, in un quotidiano che resta punto di riferimento.
Il percorso va dai paesaggi emotivi di Koji Onaka ai semplici elementi della natura che rientrano nel ciclo della vita secondo Risaku Suzuki; dalle drag queen nell’obiettivo di Tomoko Kikuchi alla memoria personale che Chino Otsuka racconta attraverso i dettagli sfocati di vecchie fotografie, fino al villaggio di Kitagama dove Lieko Shiga ha collaborato con gli abitanti per riportarne luoghi, corpi e storie. Infine storia e la cronaca recente con la battaglia di Okinawa, che nel video di Chikako Yamashiro viene narrata dagli anziani nel sovrapporsi di sogno e realtà, e le immagini in bianco e nero di Fukushima attraverso le quali Toshiya Murakoshi sembra rielaborare il disastro e la perdita.