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Buren valorizza La Spezia futurista

Matteo Fochessati

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A volte si è proceduto con una radicale eliminazione dell’intervento, di arte pubblica come nel caso del Tilted Arc di Richard Serra creato per la Federal Plaza di New York nel 1981 e rimosso nel 1989 dalla sua collocazione dopo le numerose proteste suscitate. Altre volte non si è neppure dato avvio al progetto, per ragioni di impatto ambientale, ma anche per non rimarcare gli errori del passato: come accaduto all’artista Jean-Pierre Raynaud a cui (in vista dell’abbattimento di un quartiere dormitorio a Vénissieux, presso Lione) fu negato di mantenere intatto un edificio rivestendolo con piastrelle bianche.

A casa nostra gli interventi di arte pubblica hanno spesso avuto un destino ancora più inglorioso: come è capitato alla monumentale (e costosissima) «Alba di luce» dell’architetto britannico Ian Ritchie che, installata nel 2001 di fronte alla Stazione Centrale di Milano, fu smantellata già nel 2002 a seguito delle forti critiche della popolazione. Sempre nello stesso sito è stata recentemente bocciata la proposta di installazione di una grande «Mela» di Michelangelo Pistoletto.

Le critiche non mancarono, all’inizio, neanche di fronte all’intervento di riqualificazione di Piazza Verdi a La Spezia che, realizzato su progetto dell’artista francese Daniel Buren e dell’architetto Gianni Vannetti di Firenze (vincitori del concorso indetto nel 2010) e promosso dalla Marrana arteambientale di Montemarcello, fu presentato alla Biennale di Architettura di Venezia. Poco dopo il loro inizio, i lavori furono infatti interrotti per l’aspra opposizione di Legambiente e di Italia Nostra, ma anche del critico Vittorio Sgarbi e dell’ex ministro Massimo Bray, intervenuto con un tweet nella polemica. Il contezioso, più che su ragioni estetiche o di corretta valutazione delle caratteristiche progettuali, si giocò allora principalmente sull’abbattimento di un filare di pini marittimi eseguito in vista della nuova sistemazione della piazza.

Una sentenza del Consiglio di Stato (confermando quella precedente del Tar e giudicando funzionale al progetto, già autorizzato dalla Soprintendenza, l’abbattimento di piante giudicate prive di valore storico) ha ridato avvio nel 2015 alla realizzazione dell’opera che ora, dopo la recente inaugurazione, si presenta al giudizio dei suoi reali fruitori, i cittadini.

I pareri sull’intervento sembrano essersi ormai ammorbiditi e la riqualificazione della piazza ha contribuito a valorizzare, in un pulito e rigoroso confronto estetico con il manufatto novecentesco, l’altissima qualità del Palazzo delle Poste di Angiolo Mazzoni, capolavoro della poetica futurista internamente decorato con i mosaici di Fillia e Prampolini.

Matteo Fochessati, 10 marzo 2017 | © Riproduzione riservata

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