Una veduta dell’allestimento della mostra «Cinquant’anni dopo. La nona mostra. Lavori in situ e situati», di Daniel Buren, settembre-novembre 2023, Galleria Massimo Minini. Cortesia dell’artista e della Galleria Massimo Minini. Foto: Petrò Gilberti

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Una veduta dell’allestimento della mostra «Cinquant’anni dopo. La nona mostra. Lavori in situ e situati», di Daniel Buren, settembre-novembre 2023, Galleria Massimo Minini. Cortesia dell’artista e della Galleria Massimo Minini. Foto: Petrò Gilberti

Buren da Minini perde la rotta

L’artista francese ha realizzato l’intero corpus di lavori in galleria dopo aver vagato nei suoi spazi per un giorno e mezzo

Massimo Minini ospita la nona personale in galleria di Daniel Buren (1938, Boulogne-Billancourt), a testimonianza di un sodalizio che dura oramai da mezzo secolo (non a caso il titolo recita «Daniel Buren, Cinquant’anni dopo. La nona mostra. Lavori in situ e situati»). La mostra, visibile sino all’11 novembre, raccoglie 18 opere realizzate con 20 rotoli di stoffe e bande verticali, che il maestro francese ha tagliato, cucito, composto nei vari colori e applicato ai muri della galleria, facendo cambiare loro completamente volto.

Fedele all’intento critico che da sempre lo anima, Buren mette in questione il rapporto tra l’arte e lo spazio deputato ad accoglierla, indaga il modo in cui può essere utilizzato, sollevando interrogativi su come guardiamo e percepiamo. Nel 1965, dichiarando polemicamente di non essere un pittore, e in aperta contraddizione con la storia dell’arte tradizionale, inizia a utilizzare le strisce verticali larghe 8,7 centimetri. Questo segno impersonale nel corso della sua prolifica carriera ha preso forma, oltre che sulla tela, anche sui tessuti, che ritornano dopo lungo tempo in questo progetto, e poi su carta, vetro, specchio, legno, bandiere e stendardi.

I suoi lavori, «in situ e situati», nascono direttamente sul posto e sono frutto, sia dal punto di vista delle dimensioni che delle scelte cromatiche, della stretta interazione con il luogo in cui sono stati concepiti. Alla maniera dei Situazionisti e della loro prassi di smarrire volontariamente la rotta, Buren per un giorno e mezzo se n’è andato in giro per la galleria, «camminando con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l’alto», come suggeriva Guy Debord.

Ha poi prodotto una serie di schizzi e disegni e infine realizzato questo nuovo corpus di opere secondo precise scansioni numeriche e alfabetiche, che tengono conto in maniera scrupolosa delle misure delle sale espositive e dei nomi dei colori, la cui successione segue l’ordine delle rispettive iniziali. La pittura bianca, appena percettibile, si intrude tra le strisce seguendo progressioni rigorose, che variano da un ambiente all’altro in virtù di un gioco illusorio, che torna anche nei titoli di alcune installazioni, come quelle della penultima sala chiamate «Un dipinto può nasconderne un altro quando il più piccolo appare il più grande».

Chiudono il percorso della mostra due grandi composizioni modulari «Dal singolo al doppio» costituite da specchi e solidi di legno rivestiti di una pellicola colorata, che li fa sembrare dipinti. «Buren è uno dei primi artisti che ho esposto», racconta Massimo Minini. «Cinquant’anni fa è arrivato con un rotolo di carte colorate e in qualche modo non se n’è mai più andato. Si può dire che dall’essere un lavoro che sottolineava certe contraddizioni, il suo è diventato un lavoro che queste contraddizioni le assume su di sé e cerca di trasformarle dall’interno. Dall’essere un artista “contro” è diventato un artista “per.” L’uso del logo-striscia è rimasto inalterato. Ma mentre agli inizi lo utilizzava in modo diretto, disturbante e intrigante, adesso si può dire sia diventato lo stemma della Francia. È riuscito, in definitiva, a far accettare le contraddizioni intorno alle quali si è sviluppata la sua ricerca».

Una veduta dell’allestimento della mostra «Cinquant’anni dopo. La nona mostra. Lavori in situ e situati», di Daniel Buren, settembre-novembre 2023, Galleria Massimo Minini. Cortesia dell’artista e della Galleria Massimo Minini. Foto: Petrò Gilberti

Francesca Interlenghi, 29 settembre 2023 | © Riproduzione riservata

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