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Micaela Deiana
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Gli eventi politici influiscono anche sulla borsa dell’arte: i galleristi ad Art Basel hanno puntato su rassicuranti opere di qualità evitando il rischio di «titoli» più «coraggiosi»
La 47ma edizione di Art Basel si è svolta dal 16 al 19 giugno e ha registrato la partecipazione di 286 gallerie provenienti da 33 Paesi, con la consueta forte presenza extraeuropea, e il coinvolgimento di circa 4mila artisti, richiamando poco meno di 100mila visitatori (in leggerissima flessione rispetto al 2015). La più importante fiera d’arte contemporanea del mondo quest’anno era «incastrata» fra l’inaugurazione dell’11ma edizione di Manifesta a Zurigo e l’inaugurazione della nuova ala della Tate Modern di Londra; la fitta agenda non ne ha comunque scalfito la capacità attrattiva. Art Basel si conferma regina del sistema commerciale dell’arte, raccogliendo la soddisfazione dei galleristi, che ne plaudono il continuo miglioramento e vendite all’altezza delle aspettative (la Pace Gallery dichiara il successo di oltre l’80% delle proposte). Complice la delicata situazione del mercato e le ricadute economiche di tensioni politiche derivanti dal referendum Brexit (cfr. articolo nella szione notizie) e le elezioni presidenziali statunitensi, negli stand i galleristi rischiavano poco, proponendo un contemporaneo storicizzato, quando non arte moderna, sempre di altissima qualità, alimentando un trend iniziato già nelle scorse edizioni. Ecco quindi una presenza imponente di opere di artisti consolidati quali Donald Judd (Paula Cooper, 8,3 milioni di euro), Gerhard Richter (Marian Goodman, 3,3 milioni di euro), Rudolf Stingel (Massimo De Carlo, 1,5 milioni di euro). Fra gli artisti storici va sicuramente segnalata la ricca proposta di Francis Picabia, presente in numerosi stand, in contemporanea con l’eccellente retrospettiva in questo momento visitabile alla Kunsthaus di Zurigo.
Per quanto riguarda i galleristi italiani presenti nella main section, la Galleria Dello Scudo otteneva un bilancio positivo, al netto della situazione del mercato non propriamente florida, segnalando l’interesse suscitato dalle opere di Carla Accardi, Leoncillo, Fausto Melotti e Antonio Sanfilippo. Anche Tega registrava una grande attenzione per l’arte italiana del dopoguerra, con vendite di Alberto Burri, Lucio Fontana e Achille Perilli e alcune acquisizioni pubbliche (Piero Manzoni da parte di un’istituzione tedesca e Carla Accardi da una svizzera). Massimo Minini festeggiava i quarant’anni di partecipazione ad Art Basel con uno stand che abbinava nomi storici della galleria, come Anish Kapoor, presente con due lavori in marmo e vetro realizzati appositamente per l’occasione, e nuove collaborazioni come quella («più che soddisfacente», dichiarano nello stand) con l’americana Sheila Hicks, presentata con opere dai 24mila al 120mila euro. Anche Zero... segnalava l’interesse trasversale per tutti gli artisti nel suo stand, tanto da parte di collezionisti privati che di enti istituzionali.
Nella sezione «Feature», focalizzata su progetti monografici a cura degli stessi galleristi, meritava un’attenzione particolare la proposta della James Cohan di New York, con un Robert Smithson inedito, impegnato nell’esplorazione del Pop e del Kitsch prima di aprirsi alla Land Art e alla solennità della Spiral Jetty. La galleria proponeva un insieme di disegni che ritraggono la scena newyorkese degli anni Sessanta e mischiano vita notturna e iconografia classica, e di installazioni specchiate e glitterate. I prezzi dei disegni si aggiravano intorno ai 40mila euro e David Norr, direttore della galleria, dichiarava con grande entusiasmo di aver raccolto interesse sia da parte delle istituzioni sia dei collezionisti.
Altissimo il livello della sezione «Unlimited» che continua a ingrandirsi, arrivando a includere 88 progetti (14 in più della scorsa edizione). Accanto alle megainstallazioni, quattro interventi performativi (fra tutti segnaliamo «Mimed Sculpture» di Davide Balula, supportato dalla parigina Galerie Frank Elbaz e da Gagosian) e diverse proposte di carattere storico, ad aprire un filone museale meno scenografico e più di approfondimento, come le serie «House Beautiful: Bringing the War Home» di Martha Rosler, proposta da Mitchell-Innes & Nash e Galerie Nagel Draxler, o «Helms Amendment» di Louise Lawler, presentata da Blondeau & Cie e venduta a una cifra che si aggira intorno a 1,4 milioni di euro. Fra le opere offerte da galleristi italiani si segnala la poetica installazione «Two good reasons» di Ariel Schlesinger, presentata da Massimo Minini e acquistata da un museo asiatico per 90mila euro (l’artista è stata premiata anche dal sold out delle opere in stand) e «The Collector’s House», l’opulento ambiente creato da Hans Op de Beeck con il sostegno di Galleria Continua, acquistato dal museo Ermitage di San Pietroburgo, che ha anche manifestato l’intenzione di realizzare una mostra personale dell’artista belga. Per misurare la temperatura del mercato è stata annunciata la prossima pubblicazione di Art Basel and Ubs Global Art Market Report, un report volto ad analizzare lo stato del mercato su base annuale, realizzato da Art Basel con il partner ventennale Ubs. Elaborato dalla società di consulenza dublinese Art Economics, curato da Clare McAndrew (già responsabile dei report del Tefaf a Maastricht, il report sarà presentato al pubblico il prossimo marzo, in occasione di Art Basel Hong Kong.
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