Bonheur, troppo moderna per essere dimenticata

Il castello-museo Rosa Bonheur di Thomery ha prestato molti documenti inediti per questo allestimento al Musée d’Orsay

«El Cid» (1879), di Rosa Bonheur (particolare). © Archivio Fotografico del Museo Nazionale del Prado
Luana De Micco |  | Parigi

Artista caduta per anni nell’oblio, Rosa Bonheur, nata 200 anni fa, il 16 marzo 1822, viene riscoperta oggi grazie a un’ampia retrospettiva che arriva al Musée d’Orsay, aperta fino al 23 gennaio, dopo una prima tappa, durante l’estate, al Musée des Beaux-Arts di Bordeaux, sua città natale, che le ha voluto rendere omaggio dopo la prima mostra del 1997.

I due musei hanno collaborato per il progetto con il castello-museo Rosa Bonheur di Thomery che ha prestato molti documenti inediti. Dimenticata nel corso del ’900, l’artista, pittrice instancabile, icona dell’emancipazione delle donne, ecologista ante litteram, pioniera nella difesa della causa Lgbtq+ e animalista convinta, fu invece una star a suo tempo, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti.

Fu una donna indipendente, controcorrente e trasgressiva, che portava i capelli corti e fu autorizzata a indossare i pantaloni, che viveva con la compagna e sapeva vendere i suoi quadri come i colleghi. Fu anche la prima donna a ricevere la Légion d’Honneur, per mano dell’imperatrice Eugenia.

Tra i suoi quadri più celebri, «La Foulaison des blés en Carmargue» (1864-99), ultima tela monumentale, rimasta incompiuta, conservata a Bordeaux, e «Labourage nivernais» (1849) che si trova al d’Orsay.

È allestito anche il bel ritratto della pittrice di Édouard Louis Dubufe del 1857, in cui fu Rosa Bonheur a dipingere il bue. L’artista si specializzò nello stile animalier e si dedicò al genere storico e al paesaggio. Per la pittrice gli animali erano modelli esattamente come gli uomini. Sono allestiti numerosi studi di cavalli, cervi, cani e bovini, e «El Cid» (1879), la testa di leone prestata dal Prado di Madrid.

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