Boldini e la genesi del ritratto femminile

Al Castello Estense un focus intorno al ritratto della contessa de Leusse

«La contessa Berthier de Leusse seduta», 1889 ca, di Giovanni Boldini (particolare). Collezione privata, in deposito temporaneo al Museo Boldini di Ferrara
Pietro Di Natale |  | Ferrara

Quando all’anziano pittore fu proposto di collocare alcuni suoi dipinti a Palazzo Schifanoia sbottò: «Che insulto, che ignoranza! A Schifanoia si dovrebbe andare in ginocchio… per vedere gli affreschi» del Salone dei Mesi, «volete farmi un complimento e mi fate un’offesa». Il ciclo astrologico era stato un colpo di fulmine e il ricordo di quella meraviglia rimase sempre vivo nella sua memoria. Il 29 aprile 1924, da Parigi, scrisse al fratello Gaetano: «Le pitture murali primitive come le cacce del Duca Borsio [sic] di Cossa sono i più belli di tutte le pitture d’Italia e del mondo nessun paese racchiude un valore di arte come quella!».

Boldini amava il Rinascimento estense, e Ferrara tutta, dove si era formato (nella bottega del padre Antonio, pittore, decoratore e copista degli antichi) ed era rimasto sino al 1864, anno del trasferimento a Firenze. Il resto è storia, Parigi e la celebrità. Alla sua città volle donare il proprio patrimonio artistico, un desiderio che si concretizzò il 20 ottobre del 1935, quando, nelle sale di Palazzo dei Diamanti, grazie all’accordo con la vedova Emilia Cardona, fu inaugurato il museo che porta il suo nome (poi trasferito in Palazzo Massari), la più importante collezione pubblica di opere del maestro (conta 60 dipinti, 28 acquerelli, 10 pastelli, 80 incisioni e 1172 disegni, oltre a una serie di strumenti del mestiere e ad alcuni mobili).

Un significativo nucleo della raccolta (66 opere, tra dipinti, disegni e incisioni) è ora esposto al Mart di Rovereto nella grande mostra «Giovanni Boldini. Il Piacere», con la quale si sono inaugurate le celebrazioni del novantesimo anno dalla morte del pittore, che si spense a Parigi l’11 gennaio del 1931. Per sottolineare questa ricorrenza la Fondazione Ferrara Arte, in accordo con il Comune di Ferrara, ha costituito un Comitato di studio (presieduto da Vittorio Sgarbi e diretto da Tiziano Panconi) e ha programmato alcune iniziative, tra le quali una mostra «focus» dedicata alla genesi del ritratto femminile allestita nella Sala dei Comuni del Castello Estense, un «contenitore» che è esso stesso un’opera d’arte, come dimostra lo straordinario appartato decorativo realizzato nel 1919 da Ettore Zaccari e Giovanni Battista Gianotti.

La mostra ferrarese, aperta al pubblico sino al 6 giugno, è costruita attorno a un dipinto depositato da un collezionista presso le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara: il ritratto della Contessa Berthier de Leusse, realizzato da Boldini nel 1889-90 quando risiedeva stabilmente nella ville lumière dove, da alcuni anni, si era affermato come ritrattista mondano, ricercatissimo da una facoltosa clientela internazionale.

Nella tela, Suzanne Berthier, aristocratica parigina futura consorte del visconte Georges de Leusse, è raffigurata di profilo, accomodata di traverso su una sedia e con un ventaglio chiuso tra le mani, mentre osserva qualcosa o qualcuno «fuori campo»: un’impaginazione che oltre a mettere in risalto gli aggraziati lineamenti della giovane conferisce all’immagine una spiccata naturalezza. La sensuale evidenza della schiena scoperta potrebbe far supporre un coinvolgimento della modella nella scelta dell’impianto (e del «carattere») del dipinto, dove l’autore, come per altri suoi ritratti ambientati in un interno, sfrutta l’elemento di arredo per organizzare una soluzione innovativa e accattivante.

Dialogano con la Contessa de Leusse sedici disegni della raccolta del Museo Boldini, alcuni mai esposti: studi di donne a figura intera e di singoli volti femminili che documentano il rapporto iperattivo dell’artista con la realtà circostante nonché la sua prontezza nel registrare pose e attitudini che gli sarebbero poi servite per conferire vitalità e dinamismo alle protagoniste dei suoi ritratti, contraddistinti da quella peculiare scrittura rapidissima e insieme controllata che rende inconfondibile, e unico, il suo stile.

Lo diceva bene, nel 1933, Raffaele Calzini: in Boldini «tutto è vivace, frugale; un andirivieni di colori e d’ombre; niente è fermo e tutto è definitivo; niente è chiuso e tutto è durevole; procede nello spazio e nel tempo. L’apparente levità, l’ostentata foga, la diabolica improvvisazione di questa pittura nascondono la sicurezza del tocco, la precisione dell’immagine».

La bontà di questa analisi è comprovata dalla visione diretta dei suoi lavori, anche quelli, per così dire, meno ufficiali e più intimi, come la piccola tavola con il «Nudino scattante», del 1910 ca, e la tela con «La contessa Saffo Zuccoli», forse il suo ultimo dipinto, opere che completano il percorso della mostra al Castello assieme a un autoritratto all’acquerello, a due notevoli incisioni (convocate per documentare un altro aspetto, non trascurabile, della sua produzione) e allo straordinario ritratto dell’artista in bronzo eseguito da Vincenzo Gemito.

BOLDINI. DAL DISEGNO AL DIPINTO ATTORNO ALLA CONTESSA DE LEUSSE
Ferrara, Castello Estense, Sala
dei Comuni | Fino al 6 giugno 2021
Organizzata da Fondazione Ferrara Arte e Gallerie d’Arte Moderna e
Contemporanea di Ferrara
Informazioni e prenotazioni
castelloestense.it

© Riproduzione riservata A sinistra «Donna seduta (Emiliana Concha de Ossa?)», 1888 ca, di Giovanni Boldini. Ferrara, Museo Boldini; a destra, «Ritratto di donna», 1920-25 ca, di Giovanni Boldini. Ferrara, Museo Boldini «Nudino scattante», 1910 ca, di Giovanni Boldini (particolare). Ferrara, Museo Boldini
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