Image

Baselitz con i piedi per terra

Prima di affermarsi con le celebri figure capovolte, il pittore tedesco dipinse opere che hanno per soggetti «Eroi» malinconici ma anche portatori di segni di speranza: li ispirò il Manierismo, li si rivede al Palazzo delle Esposizioni

Arrivano dal 4 marzo al 18 giugno al Palazzo delle Esposizioni di Roma gli «Eroi» di Georg Baselitz (nato Hans-Georg Kem nel 1938, ha tratto il suo nome d’arte dalla città natale Deutschbaselitz),  mostra ideata dallo Städel Museum di Francoforte e realizzato insieme al Moderna Museet di Stoccolma, Azienda Speciale Palaexpo di Roma, e Museo Guggenheim di Bilbao, dove si trasferirà subito dopo. 

L’edizione italiana conta circa 70 opere, tra dipinti (40), disegni e xilografie, a cura di Max Hollein, direttore dello Städel fino a un anno fa (oggi al San Francisco Museum of Fine Arts) e Daniela Lancioni, curatore senior di Palazzo delle Esposizioni che abbiamo intervistato.

Baselitz alla sua prima personale a Berlino del 1963 turbò il pubblico con due quadri ritenuti osceni, sequestrati e restituiti due anni dopo. Sono in mostra?
No, ci sarà un quadro di quell’anno, prestato dallo Städel, a fare da premessa, ma il cuore è la serie degli «Eroi», detti anche «Nuovi Tipi», riuniti per la prima volta in numero così elevato. È quasi la monografica di una monografica, affronta soltanto un aspetto del percorso di Baselitz, potente e commovente al tempo stesso.

È un corpus molto definito?
I dipinti hanno tutti lo stesso soggetto, datazione (1965-66) e misure (160x130 cm). Ritraggono giovani uomini in paesaggi desolati (rovine, case che bruciano), feriti, vestiti con abiti laceri, alcuni mostrano il sesso. È un corpus preciso ed è quello con cui Baselitz si afferma sulla scena internazionale.

La sua è un’arte molto diversa rispetto a  quanto succedeva in quegli anni.
Era concentrato nella ricerca di una sua strada, mosso anche da un senso di ribellione, di volontà a non identificarsi nei poteri costituiti. Senz’altro tutto questo era facilitato dal suo essere in bilico tra l’Est e l’Ovest: nasce in Sassonia nel 1938, studia nella Germania dell’Est, quindi passa a Berlino Ovest prima della costruzione del muro nel ’61. Inizia con dei quadri assai duri, è molto impressionato da Antonin Artaud, di cui vede i disegni a Parigi. In Artaud la durezza ha un coefficiente estetico, espressivo ed etico insieme. Lui sembra muoversi in questo stesso ambito. Provocazione, paradosso, autocitazione, queste e altre le vie con cui fin dall’inizio si è schierato contro l’ideologia, fuori dalle convenzioni.

Nel 1964 la Pop americana sbarca alla Biennale di Venezia…
Gli piacciono Guston e Pollock visti a Berlino, ma si tiene lontano dalla loro pittura, così come dalla Pop art. Sono pochissimi i riferimenti che concede; guarda però agli artisti del passato. Le prime teste che dipinge, ad esempio, si ispirano al pittore romantico tedesco Louis-Ferdinand von Rayski.

Soggiorna anche a Firenze.
Sì, trascorre sei mesi a Villa Romana, nel 1965, invitato nonostante lo scandalo di due anni prima. Sono i tempi della rivalutazione del Manierismo, di Gustav René Hocke che sicuramente Baselitz legge e della Maniera italiana di Giuliano Briganti. Nei suoi «Eroi» si trovano dei richiami a quel clima: le teste piccole, la deformazione dei corpi, uno straniamento da santo controriformato, gli occhi al cielo, le palme delle mani rivolte allo spettatore. La sua arte è un precipitato di suggestioni, dal Manierismo alle rappresentazioni dei mestieri medievali, una pittura potente dove colore, segno, espressione e figura sembrano quasi sfidarsi a vicenda.

Negli «Eroi» di Baselitz non ci sono donne.
Dipingerà moltissime donne, prima tra tutte la moglie Elke, ma questo universo «fallito» e straziante dell’eroe per lui è solo maschile. Sotto questi giovani però c’è una complessità maggiore, ci sono anche semi di speranza. Le loro mani spesso raccolgono e proteggono degli oggetti.

Che cos’altro propone la mostra?
In una sala sono allestiti i  cosiddetti quadri fratturati, del 1966-67, figure le cui parti non combaciano più, come nel gioco surrealista del cadavre exquis. Non è una sorta di decostruzione ma una nuova formulazione della figura, premessa delle sue celebri figure capovolte dipinte dal ‘69. I disegni e le xilografie sono sparsi nelle sale, non raggruppati come a Francoforte e Stoccolma. Poi sono esposti i «Remix», dipinti eseguiti a partire dal 2005, in cui Baseliz rifà i suoi vecchi quadri in maniera più veloce, gestuale, libera dal soggetto. I sette esemplari scelti sono tutti riferibili alla serie degli «Eroi». All’ingresso una sorta di muro parlante presenta la cronologia e i documenti, tutti originali. E per la prima volta abbiamo tradotto in italiano i due Manifesti Pandemonici pubblicati con l’amico artista Eugen Schönebeck nel 1961 e nel 1963.

Federico Castelli Gattinara, 05 marzo 2017 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Tra Foro Romano e Palatino sono stati ritrovati i resti di una lussuosa dimora con una sala per banchetti a forma di grotta e uno straordinario mosaico impreziosito con conchiglie, vetri e tessere blu egizio

Si inizia con l’enigmatico scultore ateniese. Altre due monografiche saranno dedicate a Prassitele e a Skopas

Stéphane Verger nel chiostro di Michelangelo ha fatto eseguire interventi su sette teste di animali antiche (quattro di età adrianea e tre rinascimentali) e ne ha commissionata un’ottava a Elisabetta Benassi

Lo scavo condotto dalla Soprintendenza speciale di Roma ha riportato alla luce strutture in laterizio e un sontuoso apparato decorativo riconducibili a una committenza di altissimo rango, quasi sicuramente imperiale

Baselitz con i piedi per terra | Federico Castelli Gattinara

Baselitz con i piedi per terra | Federico Castelli Gattinara