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Balla non finisce mai

Sociale, dinamico ed einsteniano: novità alla Fondazione Ferrero

«Futur Balla» amava firmare Giacomo Balla le opere nella sua stagione futurista e «Futur Balla» si intitola una mostra dell’artista di origine piemontese (Torino, 1871 - Roma, 1958), aperta dal 29 ottobre al 27 febbraio 2017  alla Fondazione Ferrero. Non solo futuriste sono tuttavia le opere selezionate dalla curatrice Ester Coen per questo appuntamento dedicato all’artista divenuto romano nel 1895. Prima di Roma, all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino aveva frequentato i corsi di prospettiva e anatomia, che sono proprio i capisaldi figurali della tradizione messa in crisi a partire dal 1910, anno in cui firma, assieme a Boccioni, Carrà, Russolo e Severini, il Manifesto della pittura futurista. Ma prospettiva e anatomia saranno di nuovo al centro delle attenzioni di Balla a partire dal 1927, quando torna a riconoscersi nell’alveo della pittura classica. La mostra, che termina con gli anni Venti, è suddivisa in tre grandi sezioni: «Il realismo sociale e la tecnica divisionista», «Le compenetrazioni iridescenti e gli studi di percezione della luce», «L’analisi del movimento e il futurismo». L’esposizione intende infatti evidenziare il fatto che Balla, oltre che del Futurismo, fu anche protagonista del Divisionismo italiano. Nel 1903 insegnerà il procedimento pittorico divisionista anche a Boccioni e Severini. E in stile divisionista, realizzerà alcuni capolavori della sua giovinezza, ora in mostra ad Alba, tra cui, ricomposto nella sua completezza, «Il Polittico dei viventi: Il mendicante; Il contadino; La pazza; I malati». Figlie dell’adesione al Futurismo, quali saggi pionieristici di arte astratta europea, sono le «Compenetrazioni iridescenti» realizzate nel 1912. Il 1912 è un anno cruciale per Balla, rappresentato in mostra da alcune opere fondamentali come «La mano del violinista» (proveniente dalla Estorick Collection di Londra), «Bambina che corre sul balcone» (Museo del Novecento di Milano) e «Dinamismo di un cane al guinzaglio» (Albright-Knox Art Gallery di Buffalo). Dell’anno successivo è «Volo di rondini» (MoMA di New York). Del 1913-14 è «Velocità astratta + rumore» (Peggy Guggenheim Collection di Venezia) e altre opere aventi a soggetto le suggestioni segniche provocate da automobili in corsa e relativo rumore meccanico. 

Ester Coen, quali sono le linee guida della mostra?
La prima linea guida è stata dettata dalla volontà di seguire una tradizione della Fondazione Ferrero di Alba, che da tempo si occupa di progetti a sfondo sociale e umanitario. La scelta di un gruppo di opere per questa mostra si basa quindi sull’analisi a largo raggio della serie improntata a un forte interesse sociale, a uno spirito umanitario di nobile solidarietà nei confronti di lavoratori ed emarginati. Nella prima sezione della mostra sono presenti, infatti, i quattro dipinti del «Polittico dei viventi». Altra linea guida della mostra è la luce, affrontata nella seconda sezione. La sensibilità per il luminismo porta Balla ad aprire i suoi orizzonti verso i temi della luce e dell’energia, affascinato anche dalle teorie teosofiche, mistiche e spiritualistiche di quegli anni. Ma la concezione stessa dell’arte e della natura in Balla è in sintonia con la visione cosmica e universale amplificata dalle scoperte scientifiche a lui contemporanee. Terza sezione, corrispondente alla terza parte della mostra, è il dinamismo, che ho voluto scandire sulle pareti con un allestimento lineare di un crescendo di «velocità astratte» in una dimensione sinestetica di suono, luce e colore. Secondo un ritmo che corrisponde alla profonda sensibilità emotiva di Balla.

Quali sono le perle in mostra?
Mi sono impegnata a richiedere capolavori, ho lavorato per una mostra preziosa. Ma se devo citarne una, «Dinamismo di un cane al guinzaglio» non si vedeva dalla mostra «Futurismo e Futurismi» di Palazzo Grassi del 1986. E poi sicuramente «Bambina che corre sul balcone», «La mano del violinista» e altre ancora.

Cosa dice di nuovo questa mostra?
Conferma ulteriormente che è stato uno degli artisti maggiori del ’900 europeo. In Italia lo si è capito a iniziare dagli anni Sessanta, ma in America Duchamp proponeva già nei primi anni Trenta alla sua «socia» Katherine Dreier, di acquistare, mediante la loro Société Anonyme, proprio «Dinamismo di un cane al guinzaglio», oggi alla Albright-Knox Art Gallery di Buffalo. Invece lo comprò Anson Conger Goodyear! E nel ’36, Alfred Barr omaggiò l’intero Futurismo italiano con una sezione nella sua grande mostra al MoMA di New York «Cubism and Abstract art».

Com’è riuscita a ottenere prestiti così prestigiosi?
Fondamentale è stata la sinergia con la Fondazione Ferrero, ma poi anche i miei rapporti internazionali consolidati negli anni. Quando un progetto è ritenuto serio anche le grandi istituzioni «monstre» sono pronte a collaborare. E di certo in questo mi aiutano le esperienze e le amicizie maturate nei miei lunghi anni di lavoro e collaborazione all’estero.

Qual è il portato maggiore del Futurismo per la cultura del ’900?
Aver tentato ed esser riusciti per la prima volta a tradurre simultaneamente sulla tela dinamismo, energia, luce, movimento. Una visione concettuale opposta a quella cubista e in sintonia con la modernità.

Le opere di Balla ci parlano ancora?
Sì, si ballerà a lungo con Balla. Per un giovane, vedere oggi opere di Balla, è occasione di apertura di orizzonti. Io stessa ho trovato, studiando per questa mostra, inediti approcci alla sua opera. Per questo abbiamo inserito nel catalogo (edito da Skira) un saggio dello storico dell’architettura Giorgio Muratore sul tema della trasformazione della città di Roma ai tempi dell’arrivo di Balla nella Capitale, uno del neuroscienziato Luca Ticini sul meccanismo della visione (contestualmente alle opere sulla luce), e un terzo di Vincenzo Barone, docente di Fisica teorica, sulla relatività einsteiniana, in rapporto all’opera del 1914 di Balla «Mercurio passa davanti al sole». Un tema di straordinaria attualità proprio quest’anno di conferma delle teorie di Einstein e la verifica sperimentale della sua teoria della relatività, della curvatura dello spazio-tempo, attraverso l’osservazione delle onde gravitazionali. Una clamorosa coincidenza tra scienza e visionarismo cosmico dell’artista.

Balla propugnò un’idea di arte totale con cui rivoluzionare la vita. È stata solo un’utopia o ce la possiamo ancora fare?
Balla tentò di rivoluzionare la vita, riportando le sue forme a una dimensione vitale e gioiosa. Di comporre il conflitto tra opposte polarità così spesso rappresentato nei suoi quadri dei primi anni Venti, come «Pessimismo contro ottimismo», o «Scienza contro oscurantismo». Se ancora si parla di Balla significa che uno spiraglio esiste tuttora.

Lei ha firmato la curatela di mostre importanti sulla Metafisica, l’ultima alle Scuderie del Quirinale nel 2003: si sente più affine alla frenesia futurista o alla calma metafisica?
Sono entrambi aspetti del mio carattere, che spesso non riesco a conciliare.

Guglielmo Gigliotti, 17 ottobre 2016 | © Riproduzione riservata

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Balla non finisce mai | Guglielmo Gigliotti

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