Artisti ispirati da Otto Gallery

Cecchini, Schillaci, Tirelli e Montani nutrono i loro lavori con la forza della natura

«Piccola vertigine» di Matteo Montani
Stefano Luppi |  | Bologna

Dietro al titolo «Stazionari Altrove», mostra che comprende lavori recentissimi di Loris Cecchini (Milano, 1969), Vincenzo Schillaci (Palermo, 1984), Marco Tirelli (Roma, 1956) e Matteo Montani (Roma, 1972), da Otto Gallery Arte Contemporanea (curata da quest’ultimo autore e visibile dal 7 ottobre al 15 dicembre), si cela uno dei temi più cavalcati dalla ricerca artistica di ieri e di oggi.

Il binomio tra creazione artistica e mondo naturale è ovviamente alla base dell’espressione creativa di ogni tempo, ne costituisce le fondamenta fin dalle pitture rupestri del Paleolitico Superiore che hanno per soggetto uomo e animali, con figure che la mano umana adattava alla morfologia della caverna.
«Phantasma#22 (D’ovvio rumore)» di Vincenzo Schillaci
Facendo un salto di millenni, va ricordato che il paesaggio naturale è fonte di interesse già nel Rinascimento, anche se faceva perlopiù da «cornice» alle figure. Tutto è iniziato a cambiare tra fine Cinquecento e primi Seicento per raggiungere un punto di svolta in epoca romantica quando il binomio arte-natura è diventato indissolubile, basti pensare ad artisti come Friedrich, Turner, Constable.

Nel recente passato è stata poi la Land Art a rendere bene chiaro, e radicale, il rapporto tra opera d’arte e natura. Alla Otto Gallery, i quattro artisti selezionati per il percorso espositivo rappresentano, ognuno a proprio modo e con le proprie caratteristiche, quell’energia instancabile erogata dalle forze della natura.

La mostra seguendo la storia novecentesca, si appoggia a due numi tutelari, il celebre «Non rendere il visibile ma rendere visibile» di Paul Klee e la lezione del filosofo Gilles Deleuze quando si occupa dell’opera di Francis Bacon.

Tenendo a mente l’«invisibile» di Klee e la potenza visiva e gestuale del grande artista britannico, gli artisti si focalizzano anche su una domanda di non semplice risposta: «si può considerare l’elemento trascendente come una forza della natura?» La risposta visiva arriva proprio dalle opere esposte.
«Aeolian Landforms (Azrenga)» di Loris Cecchini
Si va dai grandi lavori «Senza titolo», tecnica mista su tela e acrilico, prodotti da Marco Tirelli all’olio e polvere di alluminio su tela «Piccola vertigine» di Matteo Montani. Di Loris Cecchini sono esposti «Aeolian Landforms», opera realizzata con resina epossidica, fibra di nylon, cornice di alluminio e «Aeolian Landforms (Azrenga)» mentre di Vincenzo Schillaci «Phantasma #22 (D’ovvio rumore)», «Phantasma #23 (Di giorni e parole dette)», calce, gesso, pasta di quarzo, pigmenti, inchiostri, spray e finitura marmorea su tavola, e «Phantasma #27 (M’acceca il sole)», quadri stratificati, materici, dal forte impatto visivo.

© Riproduzione riservata «Senza titolo» di Marco Tirelli
Calendario Mostre
Altri articoli di  Stefano Luppi