Ars delenda est

Flaminio Gualdoni |

Kentridge inaugura la sua grande epopea romana, Christo i suoi «Floating Piers» sul Lago d’Iseo. In poche settimane nulla rimarrà sullo specchio del lago, mentre lungo il Tevere passeranno giusto un po’ di mesi perché una nuova patina nera inghiotta tutto. Opere importanti, impegnative, costosissime, che appaiono e scompaiono.

Non per incuria: chi le ha concepite ha calcolato già la loro esistenza breve. L’effimero non è certo un fenomeno nuovo: è dal ’400 che gli artisti realizzano cose meravigliose (gli apparati di Leonardo per il matrimonio Sforza Aragona, i tableaux vivants di Hugo van der Goes, la Pompa introitus Ferdinandi di Rubens, per dirne alcune  strepitose) destinate a durare un tempo limitato. Poi le avanguardie, soprattutto quelle riottose al mito del museo e all’«imperialismo del mercato» (espressione, ognun sa, abusatissima in certi anni) hanno fatto dell’opera non durevole un simbolo di
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