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Giusi Diana
Leggi i suoi articoliDal 7 luglio al 22 settembre la Galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea ospita la prima personale in galleria di Stefano Arienti, artista che molto deve all’influenza dell’Arte povera e dell’Arte concettuale. Intitolata «Mano d’oro» e curata da Agata Polizzi, la mostra è stata concepita dall’artista lombardo (nato ad Asola, in provincia di Mantova nel 1961) come un’antologica in cui l’attenzione è rivolta sia alla produzione passata sia a quella presente.
Arienti, che proviene da studi di agraria, botanica e biologia, fin dagli anni Ottanta predilige materiali e oggetti già esistenti, prodotti della cultura di massa che sottopone a processi di trasformazione e manipolazione per dare luogo ai celebri «Alghe», «Origami» e «Turbine». Libri, pongo, buste di plastica e altri oggetti d’uso comune, come custodie vuote di cd, manifesti e poster, attraverso un gesto minimo diventano complesse installazioni oggettuali e poetiche opere d’arte. La serialità della produzione di massa, elemento identitario della cultura contemporanea, è indagata e forzata da Arienti con un tocco di estrema leggiadria. Sui poster di paesaggi, ad esempio, interviene con diverse tecniche tutte minime: la traforatura, il puzzle, il collage, la cancellatura, la cucitura ecc. A cambiare nei suoi lavori più recenti, infine, sono il rapporto con l’immagine e la tecnica della manipolazione, in continuo divenire. Con un linguaggio semplice e quasi istintivo, fatto di gesti ludici e ripetuti, invita lo spettatore a una riflessione critica e consapevole attraverso cui percepire il mondo.
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