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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliTerza tappa del programma di Fondazione Cr Firenze e Gallerie degli Uffizi, all’interno dei rispettivi progetti «Piccoli Grandi Musei» e «Uffizi diffusi», la mostra «Filippo Lippi in Valdelsa», al Museo d’Arte Sacra di San Piero in Mercato fino al 29 ottobre, vede la cosiddetta «Predella Barbadori», conservata agli Uffizi, unirsi a un’altra opera del maestro, la «Madonna col Bambino» proveniente dalla Chiesa di Sant’Andrea a Botinaccio di Montespertoli (Fi).
Pur non trattandosi di opere dipinte nello stesso periodo (quella di Sant’Andrea è successiva alla «Pala Barbadori», rimasta invece al Louvre, a seguito delle spoliazioni napoleoniche, a differenza della predella, rientrata in patria), il confronto permette di osservare i diversi registri usati dal pittore, devozionale nella Madonna e narrativo nella predella tripartita. Qui Filippo Lippi pone al centro la scena della morte della Vergine, con l’annuncio dell’angelo che tiene una fiaccola secondo un’iconografia tipica del mondo fiammingo, mentre ai lati sono san Frediano, che devia il corso del Serchio, e sant’Agostino nel suo studio. Ben si osserva il debito di Lippi verso Masaccio, che certo doveva il frate aver ben presente risiedendo nel convento del Carmine. Altre mostre facenti parte dello stesso progetto sono quelle degli «Uffizi diffusi a Pontremoli», nella sede di Palazzo Dosi Magnavacca fino al 31 agosto.
Rientra nel programma «Uffizi diffusi» anche «Raffaello, La Madonna del baldacchino. Ritorno in Cattedrale» a Pescia (Pt) fino al 30 luglio. La grande pala, iniziata verso il 1507 per la cappella Dei in Santo Spirito a Firenze ma lasciata incompleta per la repentina partenza di Raffaello per Roma nel 1508, chiamato da Giulio II, subì varie vicende. Dapprima fu acquistata da Baldassarre Turini, un alto prelato amico di Raffaello (poi suo esecutore testamentario) e destinata alla sua cappella funebre nella pieve di Pescia a metà Cinquecento. Nel 1697 il Gran Principe Ferdinando de’ Medici (che la fece restaurare e completare, in alcune parti, dai fratelli Niccolò e Agostino Cassana) la acquistò per mille scudi dai Buonvicini, eredi dell’estinta famiglia Turini per esporla nella sua collezione di Palazzo Pitti a Firenze (dov’è tuttora conservata), causando a Pescia forti proteste.
A seguito delle requisizioni napoleoniche, dal 1799 al 1813 la tavola fu portata anche a Parigi. Dopo oltre trecento anni la «Madonna del Baldacchino» (1507-08) di Raffaello torna finalmente nella Cattedrale di Pescia, la Chiesa dei Santi Maria Assunta e Giovanni Battista, dov’è posta a confronto con la copia commissionata al pittore fiorentino Pier Dandini alla fine del XVII secolo proprio per sostituire la pala originale al momento della sua partenza per Firenze e tuttora posizionata sopra l’altare della Cappella Turini nella Cattedrale.
Si tratta quindi di un evento storico, realizzato grazie al sostegno di Fondazione Caript e preceduto da un leggerissimo intervento di consolidamento nella porzione più alta del supporto ligneo e da accurate indagini diagnostiche da parte dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze per verificarne lo stato di salute.
Nell’ambito di «Uffizi diffusi» è inclusa anche la mostra «I favolosi anni ’60 in Maremma. Nel segno di Ico Parisi» al Polo culturale della Clarisse di Grosseto, dal 17 giugno al 3 settembre.

«La Madonna del baldacchino» (1507-08) di Raffaello a confronto con la copia di Pier Dandini nella Cattedrale di Pescia