«Roots» (2018-in corso) di Ai Weiwei. Foto Lilla Lee. Cortesia Hawaii contemporanea

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«Roots» (2018-in corso) di Ai Weiwei. Foto Lilla Lee. Cortesia Hawaii contemporanea

Alle Hawaii con Ai Weiwei

Grandi artisti internazionali con colleghi hawaiani o al debutto negli Stati Uniti nella «prima» triennale dedicata all’arte dell’arcipelago americano, dell’Asia Pacifica e dell’Oceania

S’inaugura il 18 febbraio la prima edizione della Triennale delle Hawaii, intitolata «Pacific Century. E Ho’omau no Moananuiākea», visibile in sette sedi fino all’8 maggio a Oahu, con opere di oltre 43 artisti e una ventina di collettivi, tra cui Ai Weiwei, Izumi Kato e Sun Xun, provenienti dalle Hawaii, dall’Asia Pacifica e dall’Oceania. Nomi di fama internazionale, dunque, insieme ad artisti di diverse generazioni attivi alle Hawaii e ad altri che fanno invece il loro debutto istituzionale negli Stati Uniti.

Come spiega la direttrice artistica della Triennale Melissa Chiu, direttrice dell’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington ed esperta della scena artistica dell’Asia Pacifica, la mostra affronta alcuni temi generali, come l’attivismo sociale e il cambiamento climatico, e risponde in modo più specifico a narrazioni culturali e storiche legate a siti specifici dell’isola.

Ai Weiwei, per esempio, installerà nel Foster Botanical Garden di Honolulu alcuni monumentali alberi della serie «Roots» (in corso dal 2018), una raccolta di versioni in ghisa di alberi in via di estinzione della foresta pluviale brasiliana. Il lavoro esprime una critica alle pratiche dei coloni, dell’imperialismo e delle corporazioni dell’isola, che hanno sconvolto le tradizioni della popolazione indigena hawaiana.

L’artista Richard Bell installerà il suo lavoro itinerante «Embassy» (una tenda che funge da ambasciata aborigena, al cui interno sono esposti cartelli, proiettati film e tenute conferenze, in corso dal 2013). Tale progetto guarda alle storie indigene attraverso la lente delle istituzioni occidentalizzate ed allestito sul terreno di Iolani Palace, residenza della regina Liliuokalani (1838-1917), ultima monarca hawaiana, in carica dal 1891 al 1893, poi imprigionata e costretta ad abdicare.

Chiu ha organizzato la mostra in collaborazione con Miwako Tezuka, direttore associato della Reversible Destiny Foundation di New York, già curatore associato all’Asia Society Museum, e con Drew Kahu’āina Broderick, direttore della Koa Gallery del Kapiolani Community College a Honolulu.

Il titolo e il tema della mostra, tratti da un termine introdotto con la crescita economica dell’Asia Pacifica, esplorano «Le Hawaii come un luogo centrale piuttosto che periferico da un punto di vista geopolitico e anche culturale» spiega la direttrice.

«Situate nell’oceano Pacifico tra gli Stati Uniti e l’Asia Pacifica, le Hawaii hanno un paesaggio culturale unico, che va dalla prospettiva nativa hawaiana alle varie voci di immigrati, specialmente asiatici, ma non solo», aggiunge.

Organizzata dalla Honolulu Biennial Foundation, un’organizzazione senza scopo di lucro ribattezzata Hawaii Contemporary nel 2020, la mostra è nata come biennale nel 2017 ed è diventata triennale dopo due edizioni di successo che hanno attirato complessivamente più di 200mila visitatori.

Le sedi della triennale sono: il Bishop Museum, il Foster Botanical Garden, l’Hawaii Theatre Center, l’Hawaii State Art Museum, il Iolani Palace, l’Honolulu Museum of Art e il Royal Hawaiian Center.

«Roots» (2018-in corso) di Ai Weiwei. Foto Lilla Lee. Cortesia Hawaii contemporanea

Redazione GDA, 18 febbraio 2022 | © Riproduzione riservata

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