Alla Kunsthalle si riflette sul presente digitale

Il post pandemia spinge gli artisti a rapportarsi con l'attualità dei rapporti, tra il ricordo nostalgico e la paura di ricadere nell’umano

«The Parthenon Marbles Recoded: The Phantom as Other» (2021) di Warren Neidich
Francesca Petretto |  | Norimberga

Ciascuno di noi è, secondo la nota definizione di Aristotele, un animale politico alla costante ricerca di relazioni umane interpersonali, parte di una comunità. Per quanto portati a un sempre più preoccupante individualismo e ad atteggiamenti egoistici, la politicità rimane un tratto distintivo della nostra natura umana e può esplodere, se costretta a gabbie e isolamenti che non ci siamo personalmente scelti, in sorprendenti afflati di empatia, fisicità e sentimento. La mostra collettiva «Something Between Us» («Qualcosa tra di noi»), alla Kunsthalle, fino al 15 maggio, è di grande attualità: concepita nel 2019 e rinviata più volte a causa della pandemia, è stata oggetto di revisione nei lunghi mesi di chiusura del museo. Mai come in questo lasso di tempo l’esperienza del Covid-19 ci ha mostrato quanto possano farci soffrire la mancanza di contatto fisico, il distanziamento sociale, l’impossibilità di abbracciare gli affetti e di godere appieno dei nostri sensi naturali.

Se è vero che nell’era della connettività globale non abbiamo più bisogno di lasciare casa per comunicare, lavorare o fare acquisti, gli strumenti tecnici come internet non possono né potranno mai sostituirsi alle sensazioni del corpo, alle percezioni fisiche che ci contraddistinguono in quanto esseri viventi dotati non solo di intelletto. La rassegna di Norimberga guarda al nostro presente occidentale nell’era digitale, sospeso tra la voglia e il fastidio di umanità da toccare, tra il ricordo nostalgico e la paura di ricadere nell’umano: che si tratti di amore ed empatia o di odio, indifferenza ed esclusione o ancora di dipendenza, quel qualcosa tra di noi, spesso difficile da esprimere a parole, rimane anche dietro gli schermi che ci separano. Lo raccontano in mostra le opere di Kirstin Burckhardt, Miriam Cahn, Vivian Greven, Teboho Edkins, Luzia Hürzeler, Alice Musiol, Warren Neidich, Stefan Panhans, Sibylle Springer, Thomas Taube e Andrea Winkler.

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