Alla Hayward Gallery ci si prende cura del pianeta Terra
La collettiva, che esplora la relazione tra arte contemporanea ed emergenza climatica, è concepita come una «call to action»

«Prendersi cura è una forma di resistenza», dichiara Otobong Nkanga, una delle artiste della collettiva «Dear Earth: Art and Hope in a Time of Crisis», alla Hayward Gallery dal 21 giugno al 3 settembre. Ed è questa dichiarazione di cura, nella sua accezione politica, a costituire la base della mostra londinese, che esplora la relazione tra arte contemporanea ed emergenza climatica. Un progetto concepito come una «call to action», che rivela i risvolti politici, rivoluzionari e spirituali di un’azione di «cura» nei confronti del nostro pianeta.
«“Dear Earth” non intende provocare disperazione, afferma la curatrice Rachel Thomas, ma semmai avvicinare il pubblico a questo tema soverchiante attraverso modalità in grado di suscitare risposte concrete e immaginative». Più di 15 gli artisti internazionali in mostra, il cui lavoro è il riflesso di una prospettiva altra e di impronta femminista sulla nostra relazione con la Terra. Fra questi, i britannici Ackroyd & Harvey, che presentano alla Hayward una nuova serie fotografica di ritratti di attivisti ambientali, realizzata su un supporto di pianticelle d’erba.
L’irlandese Richard Mosse mostra un nuovo film sulle devastazioni della foresta amazzonica, mentre un video della tedesca Hito Steyerl, che affronta il tema del rapporto tra sostenibilità e tecnologia digitale, è presentato su uno schermo a Led fatto di piante e bottiglie riciclate. Tra gli altri artisti, Paul Pulford e Grounded Ecotherapy, creatori di un nuovo giardino sul terrazzo della Queen Elizabeth Hall, Andrea Bowers, Agnes Denes e Cornelia Parker. La mostra è parte di una stagione di iniziative sul tema dell’emergenza climatica (tra performance, letteratura, musica e spoken word) presso la sede del Southbank Centre. Il ciclo di eventi riflette l’impegno dell’istituzione alla sostenibilità, con l’obiettivo di azzerare le emissioni di carbonio entro l’anno 2035.