Il Polittico della «Visitazione» di Pedro Fernández

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Il Polittico della «Visitazione» di Pedro Fernández

Al Prado il Rinascimento portato a Napoli dagli spagnoli

Furono artisti iberici attivi in città a recepire, reinterpretandola, la maniera moderna di Leonardo, Raffaello e Michelangelo

«Nel 1503 Consalvo di Cordova conquistò il Regno di Napoli, assumendone il governo in nome della monarchia spagnola che s’imponeva come potenza egemone in Europa. La perdita dell’indipendenza politica non influì sullo sviluppo culturale di Napoli che, priva di una forte scuola artistica locale, ma tradizionalmente cosmopolita, fu pronta ad accogliere le novità, dando inizio a una fervida stagione animata soprattutto dagli artisti spagnoli». Lo afferma il professor Andrea Zezza dell’Università degli Studi della Campania, curatore della mostra «Un altro Rinascimento: artisti spagnoli a Napoli nel primo Cinquecento», che si inaugura nel Museo del Prado il 18 ottobre.

La rassegna, che Zezza ha curato con Riccardo Naldi dell’Università degli Studi Napoli L’Orientale e la collaborazione di Miguel Arias del Prado, illustra questo momento estremamente fecondo, ma poco noto, delle relazioni artistiche tra Italia e Spagna. Si tratta della breve stagione, dal 1504 al 1535, in cui si assiste alla transizione della Spagna e dell’Italia meridionale verso la «maniera moderna» di Leonardo, Raffaello e Michelangelo.

«Le novità elaborate a Firenze, Milano e Roma furono recepite e reinterpretate in modo originale nella Napoli spagnola, dove lavoravano artisti come Pedro Fernández, Bartolomé Ordóñez, Diego de Siloé o Pedro Machuca», aggiunge Zezza. In totale si espongono 76 opere. Spicca la «Madonna del Pesce» di Raffaello, dipinta a Roma per la chiesa napoletana di San Domenico Maggiore, dove rimase fino al Seicento, quando fu portata in Spagna. Nell’edizione napoletana della rassegna, al Museo di Capodimonte, dal 9 marzo al 25 giugno 2023, tornerà per la prima volta a Napoli.

Eccezionale il prestito del breviario miniato di Fernando il Cattolico, mai uscito prima dalla Biblioteca Vaticana, che contiene il ritratto del re inginocchiato a fianco della Sibilla, riproducendo l’immagine di Ottaviano Augusto come simbolo del nascente impero spagnolo. Il messale, attribuito al misterioso artista noto come Maestro del Retablo di Bolea, presente in mostra con altre otto opere, è stato restaurato per l’occasione.

Per la prima volta si riuniranno tutte le tavole (meno due ancora disperse) del polittico che Pedro Fernández dipinse per la Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, sei delle quali si conservano a Napoli, una a Pasadena e una in collezione privata. Tra le novità spicca il confronto tra pittura e scultura con numerose opere in legno, marmo, alabastro e altri materiali.

«È stato uno sforzo importante», assicura il curatore, ricordando che dall’Italia arrivano le statue del fiorentino Andrea Ferrucci e del napoletano Girolamo Santa Croce e una Vergine in legno policromo di Giovanni da Nola. «Tra gli spagnoli si misero in evidenza Diego de Siloé e Bartolomé Ordóñez che elaborarono un linguaggio originale, coniugando la poetica degli affetti di Leonardo con la grazia di Raffaello e la forza espressiva di Michelangelo», spiega Andrea Zezza, sottolineando che si diffuse anche una versione più inquieta del raffaellismo, propugnata da Pedro Machuca, futuro architetto del Palazzo di Carlo V a Granada.

«Sulla storia dell’arte influiscono anche questioni politiche e nazionaliste, che in questo caso hanno sminuito il ruolo innovativo degli artisti spagnoli attivi a Napoli e destinati a diventare i protagonisti del Rinascimento iberico», conclude Zezza.

Il Polittico della «Visitazione» di Pedro Fernández

Roberta Bosco, 17 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

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