
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Arte
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Vernissage
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Economia
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale delle Mostre
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Vedere a Venezia
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Arte
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Vernissage
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale dell'Economia
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Il Giornale delle Mostre
IL NUMERO DI MAGGIO 2025 in edicola
In allegato:
Vedere a VeneziaVerifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
La Ringgold vuol dar voce a chi è ai margini per definire un’identità collettiva, reimmaginando il mito dell’America come una polifonia di storie di resistenza ed emancipazione
- Federico Florian
- 17 febbraio 2022
- 00’minuti di lettura


«Matisse’s Model: The French Collection Part I, #5», 1991, di Faith Ringgold. © Faith Ringgold / ARS, NY e DACS, Londra, cortesia di ACA Galleries, New York 2021
Al New Museum Faith ci mette la faccia
La Ringgold vuol dar voce a chi è ai margini per definire un’identità collettiva, reimmaginando il mito dell’America come una polifonia di storie di resistenza ed emancipazione
- Federico Florian
- 17 febbraio 2022
- 00’minuti di lettura
Federico Florian
Leggi i suoi articoli«Non si può star fermi ad aspettare che qualcuno ti dica chi sei. Devi essere tu a scriverlo, a dipingerlo, a farlo». Queste parole, pronunciate da Faith Ringgold, sintetizzano tutta la sua pratica: un’arte volta a rappresentare chi sta ai margini e a trasformare la società; uno strumento per definire un’identità collettiva ma anche un mezzo di protesta politica.
Dal 17 febbraio al 5 giugno al New Museum l’artista di Harlem (1930)è protagonista della sua prima antologica newyorkese: «Faith Ringgold: American People». Sessanta le opere selezionate dai curatori Massimiliano Gioni e Gary Carrion-Murayari per illustrare l’evoluzione dello stile figurativo e della visione politica di questa grande artista.
L’incipit è una sezione dedicata ai primi dipinti, tratti da serie quali «American People» e «Black Light», il cui linguaggio «super realista», come lo descrive la stessa Ringgold, mira a catturare le divisioni razziali e di genere dell’America degli anni ’60.
Fra questi, il murale «American People Series #20: Die» (1967), in cui le atrocità del conflitto razziale sono rappresentate sulla tela adottando uno stile che rimanda al «Guernica» di Picasso. Oltre a poster politici (a sostegno delle «Pantere Nere» o della liberazione dell’attivista Angela Davis, ad esempio), ritroviamo lavori ispirati agli stendardi tibetani e dal caratteristico bordo cucito.
Spiccano un corpus di opere che apre la strada ai successivi dipinti su trapunte degli anni Ottanta e Novanta, forse le sue produzioni più celebri: nati dalla collaborazione con la madre, che le insegnò la tecnica della trapuntatura afroamericana, questi lavori raccontano storie di membri della comunità black, reimmaginando il mito di una Nazione, l’America, come una polifonia di storie di resistenza ed emancipazione.

«Matisse’s Model: The French Collection Part I, #5», 1991, di Faith Ringgold. © Faith Ringgold / ARS, NY e DACS, Londra, cortesia di ACA Galleries, New York 2021

Faith Ringgold, «Mother’s Quilt», 1983. Collezione Ed Bradley & Patricia Blanchet. © Faith Ringgold / ARS, NY and DACS, London, courtesy ACA Galleries, New York 2021. Foto: readsreads.info; cortesia Serpentine, London