Roma. Maurizio Nannucci, Piero Gilardi e ora Maria Lai. Un filo lega queste monografiche su figure non scontate organizzate dal MaXXI restituendo loro la giusta posizione in una storia dell’arte italiana recente fatta in modo troppo limitato.
In occasione del centenario della nascita dell’artista sarda, la mostra «Maria Lai. Tenendo per mano il sole» (catalogo 5 Continents), a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli, dal 19 giugno al 12 gennaio, la fa rivivere non soltanto dal punto di vista delle opere, oltre 250, ma soprattutto per ciò che ha rappresentato per l’arte, in particolare per le azioni di arte pubblica, per gli interventi negli spazi urbani e per l’aspetto pedagogico e didattico del suo lavoro che ne fanno una figura molto anticipatrice di quegli anni.
Da qui la scelta di parlare solo del secondo periodo, ovvero della sua produzione che dai primi anni Sessanta arriva fino alla morte, avvenuta nel 2013. Perché fino agli anni Cinquanta il suo approccio all’arte è abbastanza tradizionale, poi per tutto il decennio seguente crea opere ma non espone, ricominciando a partecipare alle mostre solo a partire dal 1971.
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