A Palazzo Fava le sorprese della pittura emiliana

Nella quadreria di Michelangelo Poletti quattro secoli della scuola artistica, tra presenze femminili e opere inedite

«Ritratto del giureconsulto Floriano Moratti» di Prospero Fontana
Valeria Tassinari |  | Bologna

«La pittura emiliana ci riserva ancora molte sorprese, e un collezionismo attento alla ricerca della qualità più che all’inseguimento dei grandi nomi può offrire una lettura per certi aspetti inedita e certamente suggestiva di una scuola artistica che non smette mai di affascinare». Questa la premessa per Angelo Mazza, storico dell’arte che da lungo tempo è consulente e curatore della collezione di Michelangelo Poletti, imprenditore che, spinto da una passione trentennale e da una costante attenzione per il mercato antiquario, possiede ormai una vastissima quadreria, della quale oggi viene proposta al pubblico una particolare selezione.

Abitualmente custodita nel Castello di San Martino di Soverzano, sua storica dimora privata nella pianura bolognese, la raccolta, pur eterogenea, ha un ampio nucleo dedicato alla pittura emiliana e proprio da questo nucleo attinge la selezione di ottantacinque opere, ora allestita e presentata al pubblico nel cuore di Bologna, nelle sale di Palazzo Fava, dal 7 aprile al 24 luglio. Attesissima prima mostra promossa da Genus Bononiae. Musei nella Città dopo il cambio al vertice con la nomina di Filippo Sassoli de Bianchi, dal 2021 nuovo presidente dei musei della Fondazione Carisbo, l’iniziativa era di fatto già da tempo allo studio, in linea con la vocazione statutaria dell’ente che prevede la valorizzazione e divulgazione della cultura artistica del territorio.

In questa visione si inserisce dunque perfettamente la selezione curata da uno specialista come Mazza, che ha costruito un itinerario visivo dalla fine del XV secolo all’inizio dell’Ottocento, sottolineando tra le specificità della migliore produzione artistica emiliana alcuni caratteri che negli ultimi tempi la storiografia ha riportato all’attenzione. Tra questi temi di approfondimento emergono l’importanza della continuità delle scuole pittoriche felsinee, dai Carracci all’Accademia Clementina, e l’importanza del collezionismo come collettore e promotore di cultura visiva.

Emblematico e ben restituito in mostra è, ad esempio, il caso dei pittori Lorenzo Pasinelli, Donato Creti, Ercole Graziani e Aureliano Milani che, grazie al mecenatismo del conte Alessandro Fava, si formarono esattamente nelle sale dove oggi le loro opere sono esposte, in stretta prossimità con il celebre fregio pittorico carraccesco con le storie di Giasone dal quale, salendo su un ponteggio mobile per studiarlo da vicino, avevano potuto trarre insegnamento.

E, sotto l’incantato nudo di Medea affrescato da Annibale Carracci, non manca di emergere anche la significativa presenza di pittrici a Bologna, ben rappresentata da artiste di spessore e successo come Lucia Casalini Torelli, Lavinia Fontana ed Elisabetta Sirani, al cui pennello si deve un’inedita «Allegoria della Filosofia» che sotto il mantello stracciato cerca di custodire i testi antichi a contatto di pelle con il suo corpo virginale, un’immagine direttamente ispirata all’Iconologia di Cesare Ripa e, forse, allo sguardo femminile sulla cultura.

© Riproduzione riservata «Figura allegorica della Filosofia» di Elisabetta Sirani
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