A Palazzo Bisaccioni paesaggio e natura nel XX secolo

Si intitola «Habitat» l’antologica, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, dalle collezioni di Intesa Sanpaolo di arte moderna e contemporanea sul tema «verde»

«Lecci e pini» (1955-57), di Fausto Pirandello. Intesa Sanpaolo
Stefano Miliani |  | Jesi (An)

«Con la mostra “Habitat. Le forme e i modi della Natura” ho cercato di creare un filo dalle opere della collezione di Intesa Sanpaolo su come si è evoluto nell’ultimo secolo il concetto di paesaggio e di natura tra gli artisti. Ho scelto la parola “Habitat” perché si registra una progressiva dissoluzione dell’idea del paesaggio stesso». Così il curatore Stefano Verri descrive la rassegna promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi in collaborazione con Intesa Sanpaolo, patrocinata dalla Regione Marche, che si tiene a Palazzo Bisaccioni dal 2 dicembre all’11 aprile 2023.

Con un testo della studiosa di paesaggio e fotografia Silvia Bordini in catalogo, oltre quaranta opere da Giorgio de Chirico approdano al nuovo millennio di Olafur Eliasson e altri passando per firme come Fausto Pirandello, Enrico Baj, Mario Schifano, Giuseppe Penone, Luciano Fabro o Piero Pizzi Cannella. «Nel primo ’900 il paesaggio è un pretesto per sperimentare come nella casa in costruzione di Pietro Marussig, interviene lo storico dell’arte. Negli anni ’60 cresce l’interesse verso la scienza, abbiamo un pezzo sulla serie dei numeri Fibonacci di Mario Merz e un’opera di Roberto Crippa che sembra una catena di molecole. Trovo emblematica una forma astratta di Peter Halley nella quale si riconosce quasi una pianta urbanistica o un circuito elettrico».

Con la globalizzazione lo sguardo cambia? «Sì, risponde Verri. Sono significative le opere di quegli artisti che fanno un discorso di critica sociale ed ecologica verso una società che non si cura dell’habitat. Penso a un’opera di Vedovamazzei formata da due uccelli montati insieme, a una piccola natura morta di Stefania Galegati con mele dalla buccia innaturale, a quadretti, perché è il geneticamente modificato nell’arte».

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