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A est di NY

Lucio Pozzi

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Quartieri un tempo malfamati, oggi di moda 

James Perry, «Hiroshima no.10», 2014 Qualche anno fa si diceva di non andare nella zona di Williamsburg di Brooklyn perché era pericolosa. Poi Williamsburg è diventata la SoHo di Brooklyn. Allora gli avvertimenti si sono spostati verso est: non andare a Greenpoint, Red Hook, Bushwick e Bedford Stuyvesant, cattivi quartieri. Ed è proprio lì che ci hanno portato gli amici che ci vivono, a vedere un paio delle dozzine di nuove gallerie che sono sorte in quelle zone. A New York i primi a cercare ampi spazi che costano poco sono gli artisti, poi vengono le gallerie e poi, appena si sparge la voce, gli speculatori immobiliari che cacciano tutti e costruiscono alti condomini di lusso. La prima fermata del nostro giro è stata una grandiosa, pulitissima galleria belga, Clearing. Sui muri dell’angolo destro erano allineati piccoli quadri tutti della stessa dimensione, di Loïc Raguénès (francese, 1968). Le due enormi pareti di sinistra erano vuote. Mi sono detto: «Ah, ecco di nuovo i pois ripetitivi. Però questo vuoto dell’ambiente è molto efficace». Poi ho guardato bene e mi sono innamorato della quiete e tensione delle file di tondi dipinti con attenzione amorevole. Un solo quadretto disperso nella seconda stanza ha un piccolo tondo in un paesaggio, una luna, forse.

La Schema Projects aveva una mostra di gruppo di artisti che coltivano la delicatezza attraverso l’uso del cucito su carta. Una delle più interessanti è stata la californiana Oriane Stender, artista di mezza età impegnata in una ricerca fine e ossessiva di ritaglio e ricomposizione usando pagine di libri e biglietti da un dollaro che nelle sue mani si trasformano in miniature di tappeti magici.

Mi ha fatto molto pensare la mostra alla galleria Sideshow, una delle prime a Bushwick. Ogni anno l’artista Richard Temperio invita centinaia di artisti soprattutto pittori per un’esposizione di massa. Questa volta erano 600. Uno penserebbe subito alla solita oceanica antologica di tutto e di più, ma io mi sono ritrovato a guardare quadro dopo quadro e considerare che il livello di impegno e capacità di questi artisti era davvero molto alto. Alcuni sono morti, altri giovanissimi, altri in piena carriera, altri sconosciuti, altri abbastanza famosi. Sono persone che fanno arte per fare arte e se il successo commerciale le tocca o meno se ne fregano. Una mostra come questa, disordinata, in due piccole stanze foderate di pittura fino al soffitto, possiede un concentrato di forza. E pensare che che si parlava della morte della pittura.

Lucio Pozzi, 08 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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