Particolare di «Che nulla vada perduto» di Eugenio Tibaldi. Cortesia dell’artista e della Fondazione Pietro e Alberto Rossini. Foto B. Giardino

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Particolare di «Che nulla vada perduto» di Eugenio Tibaldi. Cortesia dell’artista e della Fondazione Pietro e Alberto Rossini. Foto B. Giardino

Tibaldi e i maledetti Ottanta

La Fondazione Pietro e Alberto Rossini ospita un progetto che si rifà a una storia generazionale fatta di stereotipi del capitalismo in versione «local»

Gli anni Ottanta e il retaggio culturale che hanno lasciato alla generazione che è nata ed è cresciuta in quel periodo sono al centro di una riflessione, tra l’amaro e l’ironico, condotta da Eugenio Tibaldi (Alba, 1977) nel suo nuovo e composito lavoro. Tra gli abitanti del più recondito paesino alpino così come della grande città del Meridione, quel decennio è ricordato per la massificazione dei consumi e per l’americanizzazione dello stile di vita, complice la nascita della tv commerciale che tentava di «svecchiare» certi costumi imponendo nuovi stereotipi.

L’artista piemontese vuole raccontare quell’humus in cui anche lui è cresciuto e quello scossone subito allora dall’operosa provincia italiana che bruscamente si è trovata ad adattarsi a una cultura fatta di cibo facile, programmi beceri e a una visione anche piuttosto maschilista nei confronti della donna. Sotto la patina luccicante di una vita leggera e ricca di aspettative si celava una società forse poco lungimirante e troppo abbagliata da prospettive di successo in un Paese il cui tasso di disoccupazione, proprio allora, era molto alto.
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Sabato 30 settembre a partire dalle ore 17, alla Fondazione Pietro e Alberto Rossini di Briosco, nella provincia di Monza e Brianza, Tibaldi presenta il progetto context specific «La forma spezzata»: un libro d’artista edito da Allemandi, una mostra, visitabile dal 30 settembre al 29 ottobre, un’azione performativa e un talk nella mattinata della giornata seguente. Sono sette le tavole che compongono il percorso espositivo, grandi tecniche miste sotto teca che si rifanno alle illustrazioni della pubblicazione arricchite da vari elementi (appunti, ritagli di giornale, fotografie ecc.) e dettagli più o meno nascosti tra le trame dei disegni e che amplificano con la loro portata semantica il senso della riflessione in atto.

Spicca l’insolita iconografia del topolino, animale abilmente rappresentato in disparate situazioni e in uno stile tipico delle illustrazioni per bambini. Il libro, riflessione e summa del progetto che ha impegnato l’artista per oltre sei mesi, è apparentemente destinato all’infanzia ma la metafora narrativa di cui si fa portatore, ne rivela la natura aperta a letture differenti. La storia, senza voler anticipare nulla, racconta, in stile fiabesco e attraverso esilaranti luoghi comuni, di sogni fin troppo semplici da realizzare e di che cosa si è disposti a perdere e a calpestare nella strada che porta all’«oro» (dignità, correttezza, spirito d’eguaglianza).

La conclusione è amara, chiaramente, ma l’autore non chiude le porte a un futuro più consapevole e responsabile e il racconto per immagini è la dimostrazione di una volontà precisa, «un gesto di speranza e di confessione, un escamotage per poter affrontare l’esistenza, una scelta di semplificare ciò che forse non si potrebbe dire altrimenti. Come già in altri suoi progetti, “Licola Pop-Up” (2013) o “Red Verona” (2015), l’artista arriva all’essenza leggero come una fiaba attraverso cui perdonare e perdonarsi con la speranza di un nuovo inizio», per dirla con la curatrice Francesca Guerisoli.

E' disponibile qui il libro Allemandi «La Forma Spezzata» di Eugenio Tibaldi

«Che nulla vada perduto» (2023) di Eugenio Tibaldi. Cortesia dell’artista e della Fondazione Rossini. Foto B. Sales

Monica Trigona, 29 settembre 2023 | © Riproduzione riservata

Tibaldi e i maledetti Ottanta | Monica Trigona

Tibaldi e i maledetti Ottanta | Monica Trigona