Sembrano sculture di grandi pinne di squalo, ma sono le pinne della tavola da surf quelle che Alex Israel espone fino al 28 luglio da Gagosian nella mostra intitolata «Fins» (pinne, appunto). Nato a Los Angeles 41 anni fa, Israel ha assorbito dalla capitale mondiale del cinema un gusto per la spettacolarità artificiale del messaggio artistico. Le sue monumentali pinne da surf rovesciate, realizzate in plastica acrilica nei colori più sgargianti, ammiccano con distacco alla cultura pop e kitsch, facendo però pensare alle curve tese e flessuose dei grandi scultori del Novecento, da Brancusi a Moore.

È tutto un gioco di apparenze e Israel si diverte proprio con questo, secondo uno spirito ludico che ha caratterizzato quasi tutti i suoi progetti artistici da inizio Duemila. Per il ciclo «Property», ad esempio, srael affittò oggetti di scena da studi cinematografici per presentarli, in specifici e accurati allestimenti in galleria, come opere d’arte ready made. Successivamente, gli stessi oggetti sono stati anche esposti in forma di loro replica perfetta.

Quali sono quelli veri? E i modelli originali sono veri in rapporto a che cosa, se sono solo simulazioni della realtà? Tali dubbi di ordine quasi filosofico sono stati materia anche di un talk show televisivo da lui inscenato, incentrato sulle domande da lui stesso rivolte, con fare impassibile, a celebrità.

Lo stesso spirito ha peraltro animato la collaborazione con il romanziere Bret Easton Ellis, coinvolto nella concezione di brevi testi che Israel ha stampato sopra grandi immagini dipinte di scorci costieri di Los Angeles. Le stesse aree della città hanno visto recentemente apparire, in forma quasi di segnaletica urbana, ritratti dello stesso artista, che si raffigura di profilo con stile piatto e sintetico. Un gruppo di simili ritratti, di dimensioni ridotte, sono in mostra anche a Roma.