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Chiara Coronelli
Leggi i suoi articoliA chi continua a chiamarla fotografa della mafia, Letizia Battaglia ricorda di avere nel suo archivio «moltissime foto della società palermitana, dei poveri, dei poveracci e pure dei ricchi, anche se non mi piaceva fotografarli». Per quanto la sua attenzione vada alla Sicilia martoriata da «Cosa nostra» tra gli anni Settanta e i Novanta, la sua è un’indagine sociale che abbraccia ogni aspetto della realtà.
Ogni inquadratura si trasforma in una domanda a bruciapelo, sia che documenti un assassinio, sia che cerchi il futuro negli occhi di una bambina o la forza tragica nel volto di una vedova di mafia. I temi della sua fotografia si ritrovano tutti in due mostre. La prima, promossa dalla Fondazione Carlo Laviosa, si è tenuta fino al 15 marzo ai Granai di Villa Mimbelli a Livorno (a cura di Serafino Fasulo, catalogo con testi di AA.VV.); la seconda è invece allestita alla Casa dei Tre Oci, a cura di Francesca Alfano Miglietti.
In 200 immagini, tra le quali molte inedite, «Letizia Battaglia. Fotografia come scelta di vita» (dal 21 marzo al 18 agosto; catalogo Marsilio) ripercorre una delle visioni più forti e complete del panorama italiano, dagli esordi ad oggi, in sezioni dedicate via via ai ritratti, all’amore, alla morte, alla vita nelle città siciliane, alla politica.
Nata a Palermo nel 1935, nel 1969 è tra i giornalisti del quotidiano «L’Ora», ma è dal 1971 che comincia a scattare, quando si trasferisce a Milano. Torna a Palermo come fotoreporter nel 1974, a dirigere il team fotografico del giornale. Non si fermerà più: con Franco Zecchin crea il Laboratorio If (Informazione Fotografica); è attivista del Centro Impastato; nel 1985 diventa consigliere ed è assessore nella giunta di Leoluca Orlando; fonda il bimestrale «Mezzocielo»; colleziona premi come lo Eugene Smith e il Cornell Capa Infinity Award; infine nel 2017 inaugura la sua creatura, il Centro Internazionale di Fotografia.
Scrive Francesca Alfano Miglietti che «guardare è stata la sua attività principale, che si è “materializzata” in immagini straordinarie», che hanno macinato tutto: i processi e i giudici sotto scorta, le famiglie nella miseria delle baracche e le stragi per mafia, personaggi come Berlinguer e Pasolini, le rivolte di piazza e i ricevimenti aristocratici, Piersanti Mattarella appena colpito, le feste religiose, la gente e gli animali, il cielo e il mare. In una continua dichiarazione d’amore per la sua «Palermo sofferta», per tutte le bambine e le donne fotografate, che qui richiamano un quotidiano che resiste alla cronaca, e aspira alla felicità.

«Pasolini al Circolo Turati», 1972, di Letizia Battaglia. © Letizia Battaglia