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Barbara, «Pensieri in carlinga», 1938, collezione privata
Micaela Deiana
Leggi i suoi articoliSi conclude un ciclo del museo Man dedicato agli aspetti meno noti delle avanguardie storiche. Dal 9 marzo al 10 giugno protagonista è il Futurismo, indagato attraverso l’occhio femminile, con la mostra «L’elica e la luce. Le futuriste. 1912-1944», a cura di Chiara Gatti e Raffaella Resch.
Attraverso oltre 100 opere fra dipinti, sculture, opere su carta, tessuti, maquette teatrali e oggetti d’arte applicata, si apre uno scenario inedito su quello che è noto essere un movimento dalle dichiarazioni «testosteroniche». Scopriamo invece un’altissima partecipazione femminile che, oltre ad avere parte attiva nella firma dei manifesti (il Manifeste de la Femme futuriste è datato 25 marzo 1912) e nelle esposizioni, ha dato una grande spinta concettuale alle sperimentazioni sulle arti decorative, la scenografia, l’audiovisivo, la danza, il teatro e la letteratura.
Riemergono nomi di protagoniste minacciati dall’oblio a causa dei rapporti affettivi con artisti uomini più noti o, banalmente, dalle vicende belliche, fra le quali Valentine de Saint-Point, Brunas, Alma Fidora, Marisa Mori, Adele Gloria e Benedetta Cappa, le cui vite sono ricostruite anche grazie a un apparato documentario che accosta alle opere testi, lettere, documentazione fotografica, manifesti, studi e bozzetti.
Accompagna la mostra un catalogo che, oltre ai testi delle curatrici e dell’ideatore della rassegna, accoglie contributi inediti di Giancarlo Carpi ed Enrico Crispolti e un’intervista con Lea Vergine, curatrice della mostra «L’altra metà dell’avanguardia», realizzata a Milano nel 1980, uno dei più importanti focus sulla produzione femminile fra il 1910 e il 1940.
MUSEO MAN

Barbara, «Pensieri in carlinga», 1938, collezione privata