Carmen Calvo (Valencia, 1950), una delle più importanti artiste spagnole, è la prima invitata del ciclo «Dialoghi contemporanei» nel Museo Picasso. Dal 5 maggio al 3 settembre la mostra ripercorre la carriera di Calvo, che ha rappresentato la Spagna alla Biennale di Venezia del 1997 insieme a Joan Brossa. Il percorso inizia con opere giovanili, molte inedite, tra cui il «Cacciatore», «Ritratto della madre» e «Obsexus», un film che non è più stato proiettato dagli anni ’70.
Dopo una selezione di pezzi storici provenienti da collezioni internazionali, sono esposte le opere realizzate durante la pandemia: un’accumulazione di disegni e il collage audiovisivo «Non è un sogno! Sta succedendo davvero!». «Durante il lockdown l’artista ha rivisto molti film che hanno stimolato la sua immaginazione. Con il cellulare ha catturato frammenti e fotogrammi di volti pietrificati, che assemblati e proiettati nel buio plasmano un racconto claustrofobico sull’ansia causata dall’isolamento», spiega Emmanuel Guigon, direttore del Museo Picasso che ha curato la mostra con Victòria Combalia.
Fin dall’inizio, il lavoro di Carmen Calvo ha esplorato la condizione femminile attraverso sentimenti, desideri e repressioni, come dimostra «I manichini violentati», un altro collage cinematografico basato sulle opere di Stanley Kubrick in cui i manichini, cari ai surrealisti, sono coppie di corpi femminili senza testa che evocano le vittime di aggressioni o i giochi erotici tra donne. Una delle sale più spettacolari riunisce fotografie in bianco e nero e 280 cartoline che l’artista ha modificato con interventi pittorici e inserimenti di oggetti come corde, nastri, mani di cera, capelli, maschere e aghi: attraverso queste immagini Calvo fornisce un resoconto critico della Spagna dal dopoguerra fino agli anni ’60, un Paese dominato dalla dittatura franchista, in cui la condizione della donna era di completa sottomissione.
Per sottolineare l’alienazione e la repressione di cui erano vittime i cittadini, l’artista presenta le immagini di quell’epoca in negativo, coprendo con la vernice gli occhi o l’intero viso dei personaggi raffigurati. Le 74 cartoline che riproducono opere di Picasso, manipolate appositamente per questa mostra, rendono evidente il dialogo tra il femminismo di Calvo e il conclamato machismo di Picasso. «Il suo femminismo non è mai stato esplicito, ma ha sempre denunciato con sottigliezza e ironia i ruoli archetipici», aggiunge Guigon, che ha chiuso il percorso con la drammatica «Una gabbia in cui vivere», in cui Calvo affronta il tema della violenza sui bambini.