L’ambiente esprime decadenza e potenza, fragilità e resistenza immortale, proprio come le fotografie di Letizia Battaglia, esposte fino al 5 novembre in un allestimento scenografico alle Terme di Caracalla: grazie a un sistema di basi autoportanti trasparenti, le immagini intonano un canto corale in bianco e nero sui muri millenari.
Nella mostra romana che celebra la forza iconica di Letizia Battaglia (Palermo, 1935-2022) ci si inoltra in una «foresta» di 92 immagini, suggestivamente ambientate nel maestoso sito archeologico. Una vera e propria regia installativa, studiata per mettere in risalto due ambienti delle Terme inaugurati in questa occasione, rendono omaggio anche all’architetta Lina Bo Bardi (Roma, 1914-San Palo del Brasile, 1992), ai cui raffinati «cavalets» in cristallo si ispirano le strutture espositive.
Il dispositivo dei «cavalets», che sospendono le immagini e consentono una lettura bifacciale, funziona come elemento conduttore di una narrazione che, interpretando lo spirito di Letizia Battaglia, elude l’ordine cronologico e si sottrae alla descrizione didascalica, per emozionare con la cruda evidenza della verità.
Il curatore Paolo Falcone la descrive come «una costellazione di fotografie dove amore e dolore, dolcezza e dramma, passione e impegno, raccontano momenti della nostra storia» e davvero potrebbero essere tutte stelle, ma stelle polari che orientano la memoria di un Paese incline al disorientamento.
Nell’ampia selezione figurano opere capitali di impegno civile sul tema della mafia, come la deflagrante compostezza del volto spaccato a metà tra luce e ombra di Rosaria Costa al funerale del marito ucciso nell’attentato a Giovanni Falcone, ma anche i reportage tra i malati mentali, i sensibili ritratti di ragazzine e quello affettivo di Enrico Berlinguer, fino alle ultime inaspettate ricerche sulla bellezza del corpo femminile nudo nella natura.