«Ingres, artista perfezionista, è un eterno insoddisfatto alla ricerca della bellezza ideale»: il celebre pittore romantico, osserva il Musée Condé di Chantilly, era solito riprendere le sue tele, anche le più famose, modificandole o aggiungendo dettagli, certe volte anche diversi anni dopo, come fece per il celebre «Autoritratto» iniziato nel 1804 e finito solo verso il 1850, e per la splendida «Venere Anadiomene», iniziata a Roma nel 1808 e completata nel 1848.
I due quadri, che appartengono alle collezioni del museo ospitato nel castello di Chantilly, sono stati di recente sottoposti ad analisi scientifiche presso il C2RMF-Centre de Recherches et restauration des Musées de France, i cui risultati sono illustrati nella mostra «Ingres. L’artista e i suoi principi» presentata dal 3 giugno al primo ottobre nella salle du Jeu de Paume. Uno dei casi più esemplari di questa ricerca costante della perfezione in Ingres, che il museo mette in evidenza, è l’«Antioco e Stratonice» (1840), commissionato dal duca Ferdinando d’Orléans e per il quale Ingres si ispirò al maestro Jacques-Louis David, ma di cui, mai soddisfatto, realizzò sette versioni.
La mostra del Condé parte dalla relazione privilegiata che legò Jean-Auguste Dominique Ingres (1780-1867) al duca d’Orléans, principe reale di Francia, figlio maggiore di Luigi Filippo, diventato re dei francesi alla Rivoluzione di luglio del 1830. Ferdinando commissionò a Ingres anche il suo ritratto del 1842, anno in cui morì, a soli 32 anni, che ora è al Louvre. Alla morte del figlio, il re chiese a Ingres di realizzare i cartoni delle vetrate della cappella eretta a Parigi un anno dopo il dramma. Il Musée Condé, assistito dal Musée Ingres Bourdelle di Montauban, riunisce più di 110 opere, con prestiti in arrivo da istituzioni di tutto il mondo. La Frick Collection di New York ha prestato a titolo eccezionale il ritratto della «Viscontessa d’Haussonville» (1845).