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Le 50 opere del pittore olandese presentate a Palazzo Bonaparte provengono tutte dal Kröller-Müller Museum di Otterlo
- Guglielmo Gigliotti
- 06 ottobre 2022
- 00’minuti di lettura


Il «Seminatore», giugno 1888, di Vincent Van Gogh
Van Gogh arava le sue tele
Le 50 opere del pittore olandese presentate a Palazzo Bonaparte provengono tutte dal Kröller-Müller Museum di Otterlo
- Guglielmo Gigliotti
- 06 ottobre 2022
- 00’minuti di lettura
Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliIl più celebrato artista della modernità, Vincent Van Gogh, che in vita vendette una sola opera, è in mostra a Roma, dall’8 ottobre al 26 marzo, presso Palazzo Bonaparte, con 50 opere provenienti da un unico museo, quello di Otterlo in Olanda, nella mostra «Van Gogh. Capolavori dal Kröller-Müller Museum».
Curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti, e prodotta da Arthemisia, con catalogo Skira, l’esposizione presenta dipinti di tutto l’arco della pur breve, ma folgorante, parabola espressiva dell’olandese, nato il 30 marzo 1853 e morto, suicida, il 29 luglio 1890.
Fulcro della mostra è un’opera emblematica del genio vangoghiano, il «Seminatore», del giugno 1888 (nella foto), in cui la potenza cromatica, strutturata sui complementari del giallo e del lilla, esplode con la vigoria che l’autore scorgeva nei fenomeni della natura, da lui amatissimi e ampiamente descritti nelle lettere al fratello Theo: fiori, fiumi, cieli stellati e nuvole in cammino.
Nel «Seminatore», inoltre, Van Gogh raccontava di aver allegoricamente rappresentato la componente sorgiva della vita, innestata sul lavoro dell’uomo. Una volta scrisse: «Aro le mie tele come i contadini i campi».
Su questo stretto intreccio di arte ed esistenza, si collocano tutte le altre opere in mostra, da quelle del periodo olandese, con umili lavoratori e nidi d’uccello rappresentati in toni bruni, all’ultima stagione, quella di Arles, dell’ospedale psichiatrico di Saint Remy, e di Auvers, nell’ultimo biennio di vita, quando il colore, su sollecitazioni impressioniste e puntiniste, si fa puro, squillante e gioioso, come pure sapeva essere lo sfortunato artista.
Negli autoritratti, nei paesaggi e nei grandi fiori dell’ultima fase è evidente anche l’influenza, nella stesura uniforme delle tinte, delle stampe giapponesi e di Paul Gauguin, l’amico fraterno con cui litigò. Il dolore per tale rottura portò l’olandese a punirsi, tagliandosi un orecchio.

Il «Seminatore», giugno 1888, di Vincent Van Gogh