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Un fiume di pattume genera bellezza

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Laura Lombardi

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La tematica dei rifiuti, dei detriti e anche quella dell’accumulazione, dominante gli ultimi decenni (dal romanzo Underworld di De Lillo alla mostra «Trash, quando i rifiuti diventano arte» di Lea Vergine) è declinata dal cubano José Yaque in una riflessione sul ruolo che i rifiuti svolgono nell’identità di un territorio, ma anche sulla forma «altra» di bellezza che possono generare. Collegandosi all’idea di fiume, l’insieme diviene metafora della nostra condizione esistenziale, come parte di un tutto che scorre e che muta. Significati che riassume la mostra a cura di Ilaria Mariotti a Villa Pacchiani, «José Yaque, Alluvione d’Arno», in corso sino al 2 aprile.

La mostra si articola tra l’installazione all’esterno dell’edificio, dove grovigli scampati alla violenza di una piena evocano lo scorrere dell’acqua ancora presente, e all’interno, dove un «fiume» di scarpe tende a straripare dall’elegante sala in cui è racchiuso. È un effetto di pieno che contrasta con la disposizione pausata dei dipinti e dei disegni nelle sale contigue: alcuni inediti, altri realizzati nel corso di residenze a Londra e Varsavia (città attraversate da fiumi) nel 2013, che hanno per soggetti i ponti. È un tema che si ritrova nella serie «Devenir», in cui le strutture espositive di gallerie d’arte sono viste come piloni di ponti, nei quali si sono incagliati detriti e oggetti.

La mostra, realizzata grazie alla relazione dell’artista con l’azienda di smaltimento rifiuti industriali «Waste Recycling», fa parte del progetto «Know-how/Show-how, una geografia di relazioni per Sistemi di visione/Sistemi di realtà», condiviso con le amministrazioni comunali di Pisa e Santa Croce sull’Arno, e con la Galleria Continua e Associazione Arte Continua.

Laura Lombardi, 10 marzo 2017 | © Riproduzione riservata

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