Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Alessandra Mammì
Leggi i suoi articoliFu il destino a decidere che Gabriele Mayer diventasse costumista. Nato in una famiglia di sarti (di quella speciale tipologia che faceva abiti per teatro e vaudeville), il nostro a cinque anni aveva cominciato a cucire e a dieci già realizzato costumi sulle bambole. Lo racconta lui stesso in Gabriele Mayer. Una vita di costumi (a cura di Lucia Masina, edizioni De Luca), libro di memorie che in 255 pagine e decine di immagini abbraccia un secolo di cinema, teatro, tv ma anche l’evoluzione del gusto, del costume e della morale.
Una miniera di testimonianze che arrivano dall’archivio di uno dei nostri più stimati sarti creativi donato alla Galleria Nazionale e in mostra dal 12 maggio. È un’occasione per penetrare un mondo in cui si delinea il confine fra il lavoro del costumista e quello operativo del sarto: se il costumista veste il personaggio, il sarto deve vestire la persona, esaltando o nascondendo le caratteristiche del corpo.
Inutile dire che questo rapporto con l’attore/attrice crea un’intimità e a volte un’amicizia. Nei racconti di Gabriele Mayer scopriamo una Monica Vitti perennemente indecisa; una Sophia Loren professionale e tecnica; una Giulietta Masina resa insicura dai troppi tradimenti di Fellini; una strepitosa Ursula Andress (rimasta amica per una vita intera); una Claudia Cardinale che nel 1967 va in udienza da Paolo VI con miniabito nero di crêpe cady realizzato da Gabriele che fece scandalo.
Ben più dei divertenti e arguti ritratti di star, è nel rapporto con i più grandi costumisti italiani il vero valore sia del libro sia della mostra. Da Elio Costanzi a Giulio Coltellacci, da Piero Gherardi a Giulia Mafai, da Luca Sabatelli a Vera Marzot fino a Milena Canonero, che forte della collaborazione con Mayer conquista il suo terzo Oscar per «Marie Antoinette» di Sofia Coppola. Ognuno di questi artisti è descritto nei suoi metodi, nelle sue ossessioni, nel suo mondo creativo mentre bozzetti, disegni, foto private e di scena completano la documentazione.
Lavorerà con Luca Ronconi ma anche con Renato Zero convincendolo a «uscire dal nero per indossare cose ricamate, mantelli maestosi, copricapi e vestizioni di tipo giapponese...». E ora, mentre il libro è in stampa e l’archivio in catalogazione, Mayer è al lavoro con Francis Ford Coppola per il fantascientifico «Megalopolis» con il compito di creare abiti adatti a un distopico futuro. Li vedremo sugli schermi nel 2024 quando, grazie alla mostra o al libro, saremo capaci di capire quanto l’illusione, la meraviglia del cinema sia dovuta anche a costumi, stoffe, ricami e tutte quelle invenzioni mirabilmente cucite.

Costume di Marie Antoinette su progetto di Milena Canonero, nell’omonimo film di Sofia Coppola. Foto Leigh Johnson, 2006