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L’antologica alla Fondazione Magnani-Rocca parte da un’intervista che Carla Lonzi fece al maestro dello Spazialismo, con un’installazione sonora tratta dalla loro conversazione
- Valeria Tassinari
- 11 marzo 2022
- 00’minuti di lettura


«Concetto spaziale», 1962, lacerazioni e graffiti su rame. Milano, Fondazione Lucio Fontana. © Fondazione Lucio Fontana by Siae 2022
Rileggere Fontana attraverso le sue stesse parole
L’antologica alla Fondazione Magnani-Rocca parte da un’intervista che Carla Lonzi fece al maestro dello Spazialismo, con un’installazione sonora tratta dalla loro conversazione
- Valeria Tassinari
- 11 marzo 2022
- 00’minuti di lettura
Valeria Tassinari
Leggi i suoi articoliSe avete amato Carla Lonzi e il suo modo intimo di farci scoprire la poetica degli artisti attraverso le sue lunghe interviste (pubblicate nel 1969 con il titolo Autoritratto. Accardi Alviani Castellani Consagra Fabro Fontana Kounellis Nigro Paolini Pascali Rotella Scarpitta Turcato Twombly) la mostra «Lucio Fontana. Autoritratto» vi piacerà per metodo e contenuti.
Circa cinquanta opere, allestite dal 12 marzo al 3 luglio nella scenografica Villa dei Capolavori, sede della Fondazione Magnani-Rocca, per un’antologica curata da Walter Guadagnini, Gaspare Luigi Marcone, Stefano Roffi, che si avvale di numerosi prestiti importanti e di un’idea critica inedita, fondata sulla volontà di rileggere la ricerca di Fontana attraverso le sue stesse parole, grazie alla possibilità di utilizzare l’audio integrale dell’intervista che la critica fece al maestro dello Spazialismo.
La sequenza espositiva si struttura narrativamente, accompagnata da un’installazione sonora della conversazione tra Fontana e Lonzi, permettendoci di seguire un percorso scandito da lavori che toccano i momenti chiave della ricerca fontaniana, dagli esercizi di figurazione plastica degli anni Trenta alla titanica «La fine di Dio» del 1963.
Questo approfondimento della personalità di Fontana si chiude con opere di Enrico Baj, Alberto Burri, Enrico Castellani, Luciano Fabro, Piero Manzoni, Giulio Paolini, Paolo Scheggi, provenienti dalla collezione personale dell’artista, che, ormai affermato, amava seguire e promuovere gli artisti più giovani, spesso comprando le loro prime opere per sostenerli e incoraggiare le loro ricerche più radicali.
Non mancano le serie fotografiche di Ugo Mulas, che tanto hanno contribuito a fissare nell’immaginario la figura e il carisma di una delle grandi icone dell’arte del Novecento.

«Concetto spaziale», 1962, lacerazioni e graffiti su rame. Milano, Fondazione Lucio Fontana. © Fondazione Lucio Fontana by Siae 2022