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Beatrice Timillero
Leggi i suoi articoliPrima ancora di avere una sede fisica il progetto Mare Karina nasce nel 2020 come una realtà nomade. Da dove sono scaturiti il bisogno e la volontà di strutturare le prime mostre?
Mare Karina nasce come naturale evoluzione di un percorso già in atto, un modo per dare un nome e una missione a una pratica che porto avanti da oltre dieci anni, fatta di progetti curatoriali, mostre e produzioni indipendenti sviluppate parallelamente al mio lavoro in gallerie e studi d’artista. Il progetto nasce da un momento storico particolare, quello della pandemia, che nel nostro settore come in altri ha significato profonde difficoltà sistemiche ma anche fermento e occasione di rielaborazione. All’epoca lavoravo come artists manager a Londra, prima per David Zwirner e poi per Oscar Murillo. Così impostato, il mio lavoro non mi concedeva di dedicarmi pienamente a progetti personali, che si sono quindi inizialmente configurati – sotto il nome di Mare Karina – in mostre temporanee e nomadi, assecondando la natura itinerante del mio lavoro. Il feedback positivo ricevuto dal pubblico sin dal primo progetto è diventato il catalizzatore, alimentando il mio desiderio di rendere il progetto più riconoscibile, indipendente e vivo.
Nell’aprile 2024 ha inaugurato nel sestiere di Castello la sede permanente della galleria. Cosa rappresenta per te Venezia e quali sono le principali sfide rispetto a questo cambio di rotta?
Di questo percorso Venezia rappresenta il sogno. Ho lasciato l’Italia a diciannove anni con leggerezza, non per scappare, ed ho sempre mantenuto il desiderio di contribuire a offrire nuove prospettive ai luoghi da cui provengo. A Venezia ho scelto di costruire questo ritorno. A ciò si unisce un legame personale con la città, che diventa una risorsa di energie in una professione dai ritmi così intensi e mossi dalla passione. Venezia mi aiuta a sentirmi contemporaneamente a casa e al centro del panorama internazionale – Venice is the belly button of Europe. Le sfide sono state molte: lasciare un lavoro che amavo, costruire un’infrastruttura commerciale e culturale permanente, relazionarmi con la città in un modo nuovo. Nonostante le complessità, ciò che resta fondamentale è non desistere dalle ambizioni, dal senso di libertà e da una forte carica propositiva. È questa combinazione che spero si rifletta nelle mostre e nei rapporti con i miei interlocutori, specialmente in una città in cui tutto riecheggia e la cura della dimensione sociale è cruciale.
Mare Karina è anche uno studio di produzione: a chi sono destinati e come si strutturano i servizi di project management?
Il lavoro come studio di produzione rappresenta un’opportunità per andare oltre il fine art e fare cultura in senso ampio. Collaboriamo con design, moda, architettura, editoria e gastronomia: ogni collaborazione è un affaccio verso una nuova realtà e aggiunge prospettive alla nostra missione di contribuire al discorso sulla cultura contemporanea. I collaboratori e clienti sono molto vari: abbiamo lavorato con il festival Sapore di Mare di Victoria Genzini a Forte dei Marmi; con We Are Ona a Venezia per un evento culinario; con il brand Lessico Familiare presso Dover Street Market a Parigi; prodotto un servizio per Harper’s Bazaar; e avviato partnership con 6:AM per opere in vetro di Murano e con SKIRA per progetti editoriali.
Ad oggi la galleria ha ospitato artisti molto diversi tra loro, impegnandosi a divulgare le differenti pratiche attraverso formati ben distinti. Su cosa si basa questa selezione e a chi si rivolge?
Prestiamo particolare attenzione alle pratiche di artisti emergenti italiani e internazionali, anche se non si tratta di una regola fissa. La programmazione nasce da un processo organico: ogni mostra viene scelta per motivi diversi, sempre legati a qualità e originalità. Abbiamo realizzato mostre di pittura, come le personali di Jure Kastelic o Danny Leyland; mostre installative, come quelle di Simona Pavoni e Beatrice Favaretto; e progetti curatoriali di ricerca, come la mostra su Bruno Alfieri curata da Chiara Carrera e Mario Lupano, che ha offerto uno spaccato della storia dell’editoria artistica italiana attraverso materiali inediti.
Se dovessi raccontare il concept alla base della galleria attraverso la sua programmazione odierna e futura, come lo riassumeresti?
Produrre cultura attraverso ricerca e collaborazioni che generano valore condiviso.
Simona Pavoni: À Jour, a cura di Giulia Mariachiara Galiano e Costanza Longanesi Cattani, Mare Karina, Venezia (17 settembre – 25 ottobre 2025). Foto di Tiziano Ercoli
Per noi spettatori Mare Karina è sinonimo di allestimenti originali e cangianti, sempre curatissimi. In questo senso la galleria sembra avere un approccio molto sperimentale, scenografico e rispettoso al tempo stesso delle opere in mostra. Puoi parlarci di questa precisa scelta curatoriale?
Non si tratta di una scelta predefinita, ma del risultato naturale della collaborazione tra Mare Karina e i soggetti coinvolti nei progetti: artisti, curatori e curatrici selezionati per il loro approccio autentico e per l’attenzione alla dimensione architettonica dello spazio. Il mio contributo trae forza da due esperienze complementari: quella maturata in gallerie come White Cube e David Zwirner, basata su rigore ed eleganza, e quella come direttrice dello studio di Oscar Murillo, dove ho curato mostre in istituzioni come WIELS, Serralves, Mori Art Museum, Kunsthalle Wien e KM21. Questo mi ha dato una profonda familiarità con i processi produttivi e con l’allestimento come linguaggio, nel rapporto tra opera, spazio e materiali.
C’è da parte tua una volontà di ampliare il lavoro della galleria includendo progetti editoriali?
Certamente, e lo stiamo già facendo. In passato ho diretto la realizzazione di Frequencies, il libro di Murillo curato da Alessandro Rabottini, esperienza che mi ha fatto comprendere la ricchezza e la complessità del progetto editoriale. Ho approfondito questo interesse anche con la mostra dedicata a Bruno Alfieri curata da Carrera e Lupano, e ora stiamo lavorando alla pubblicazione di un libro su Alfieri, editato da me e dai curatori della mostra.
Hai menzionato l’importanza di un approccio internazionale anche a livello interpersonale, riferito al modo in cui giovani lavoratori e artisti emergenti vengono trattati qui in Italia rispetto all’ambiente londinese in cui ti sei formata. Come pensi che queste abitudini influiscano nel panorama artistico ed economico oggi?
In Italia è tangibile la frustrazione per la mancanza di riconoscimento economico nel settore culturale e creativo, ma il problema è anche di mentalità e di un sistema ancora paternalistico. Essere considerati “troppo giovani” rallenta la crescita professionale e scoraggia l’innovazione. Inoltre, manca un’educazione al valore economico dell’arte: un’opera deve essere riconosciuta e retribuita, perché investire nei talenti emergenti genera ricchezza culturale ed economica. Finché questo paradigma non cambierà, l’arte continuerà a essere percepita come accessoria e non come un settore produttivo. Tuttavia, oggi è possibile lavorare in Italia mantenendo un respiro internazionale. All’estero, come a Londra, c’è fiducia e meritocrazia. Credo che si possa cambiare solo con l’esempio concreto: lavorando con talenti di ogni età e genere, dando loro opportunità reali e valorizzando il loro lavoro. È anche per questo che ho scelto di tornare: per dimostrare che si può lavorare in modo diverso.
Piccoli spoilers su progetti futuri?
A febbraio ospiteremo la personale di Alessandro Merlo, artista, editore e fotografo, con testo curatoriale di Milovan Farronato. In vista della Biennale Arte 2026 presenteremo la prima mostra in Italia dell’artista parigina Hanna Rochereau. Inoltre curerò le opere di tre artiste per un nuovo parco ambientale nelle colline di Assisi, in apertura tra il 2026 e il 2027: sarà il primo parco italiano dedicato ad artiste e artisti under 35. Stiamo lavorando alla pubblicazione su Bruno Alfieri e lanceremo, entro fine anno, in partnership con We Exhibit, un nuovo centro di studi d’artista a Venezia, nel sestiere di Cannaregio – il primo cluster di studi professionali in città. E poi ci sono molti altri progetti in corso: lavoriamo sempre su almeno dieci progetti alla volta, tra breve e lungo termine.