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«House at the End of the World», 2005, di David LaChapelle

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«House at the End of the World», 2005, di David LaChapelle

LaChapelle ha esteso i confini della fotografia

L’installazione concepita ad hoc per la Cappella Palatina del Maschio Angioino annovera 40 opere, alcune esposte per la prima volta

Mario Alberto Ratis

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Iconici capolavori e opere inedite, provenienti dall’archivio personale di David LaChapelle (Usa, 1963), sono esposti fino al 6 marzo in un’installazione pensata appositamente per la Cappella Palatina del Maschio Angioino.

Curata da Vittoria Mainoldi (Ono Arte, Bologna) e Mario Martín Pareja (Contemporánea, Granada), la personale «David LaChapelle» ripercorre la carriera del fotografo dagli anni ’80 a oggi attraverso 40 pezzi, in parte esposti per la prima volta, che consacrano lo stile eccentrico e in continua evoluzione di uno degli artisti più affermati e pubblicati sulla scena internazionale.

Dai negativi fotografici dipinti a mano ai più recenti progetti di natura morta in chiave apocalittica (come in «Land SCAPE», 2013 e «Gas» 2009-12), passando per la reinterpretazione di Michelangelo nel Diluvio Universale ambientato nella consumistica Las Vegas («Deluge», 2006), e per «Rape of Africa» (2009) in cui Naomi Campbell è ritratta come una nuova Venere nelle miniere d’oro africane.

Il percorso si snoda lungo l’universo strabordante di un artista che, attraverso le riflessioni sulla società occidentale e le ricerche sul colore, ha esteso i confini della fotografia.

«House at the End of the World», 2005, di David LaChapelle

Mario Alberto Ratis, 25 gennaio 2022 | © Riproduzione riservata

LaChapelle ha esteso i confini della fotografia | Mario Alberto Ratis

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