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Una veduta dell’allestimento di Vinicio Berti al Museo del Novecento

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Una veduta dell’allestimento di Vinicio Berti al Museo del Novecento

Il perturbante di Smith e l’utopia salvifica di Berti

A Firenze due progetti di Sergio Risaliti, tra Museo Bardini e Museo Novecento

Laura Lombardi

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Proseguono fino all’1 maggio due progetti del Museo Novecento, a cura di Sergio Risaliti e organizzati da Mus.e. Al Museo Bardini, in collaborazione con Hauser&Wirth, «A Willow Grows Aslant the Brook» riunisce dodici opere di Anj Smith che, per stile e ispirazione, si calano nello spirito del luogo. Infatti, lasciando qui da parte l’ormai inflazionata definizione di dialogo tra antico e contemporaneo, resta la suggestiva affinità tra la minuzia preziosa dell’artista inglese, d’accento inquietante e surreale nel tracciare volti, animali, nature morte, e la collezione dell’antiquario Stefano Bardini.

E se Anj Smith sottolinea quanto le opere riviste nei musei fiorentini aprano «un varco nella cacofonia delle nostre realtà sature di dati», Risaliti paragona i suoi lavori a delle Wunderkammern «in cui lo spirito ghiribizzoso e alchemico del manierismo sembra rinascere sotto una veste assolutamente contemporanea, aggiungendo quanto di perturbante si nasconde tra le pieghe della realtà e dell’immaginario più glamour».

In quelle raffigurazioni, composte tramite sottilissime stratificazioni cromatiche dei pigmenti, ritroviamo i grandi temi della tradizione occidentale, il senso di fragilità e caducità della natura, bellezza e morte, pienezza e vacuità, in una mescolanza di riferimenti alla storia dell’arte, al mondo della moda, all’immaginario medievale e rinascimentale, e all’illustrazione scientifica, da assaporare con tempi lenti e contrari a quelli della fruizione odierna.

Al Museo Novecento è invece una selezione di dipinti dell’artista fiorentino Vinicio Berti (1921-91), provenienti dalla raccolta di circa 600 opere donate alla città di Firenze dalla vedova Libera Pini, insieme a manoscritti, documenti e lavori grafici.

La mostra (ultimo capitolo delle celebrazioni del 2021 per i 100 anni dalla nascita del maestro, con il convegno «Avanti popolo» tra Palazzo Vecchio e Museo Novecento), propone a cura di Risaliti e di Eva Francioli un trittico «ideale» di lavori, restaurati per l’occasione, che si riferiscono al momento in cui l’artista, dopo l’impegno dal 1947 col «Movimento Arte Oggi» e poi nel 1950 e col gruppo dell’«Astrattismo classico», affronta una fase di ricerca più individuale, nella quale si interessa alla triade cromatica di Malevic, fondata sul dialogo tra bianchi, rossi e neri.

I tre dipinti del 1951 compongono un racconto di angoscia e riscatto, passando da una composizione geometrica e intricata, all’affiorare di presenza umane rese in modo quasi espressionista, fino a giungere a «Simbolo di verità», con falce e martello, a ricordarci quanto l’utopia comunista rappresenti per Berti, anche negli anni successivi, un approdo salvifico per la società.

Una veduta dell’allestimento di Vinicio Berti al Museo del Novecento

Un particolare di «Names of the Hare», 2017-18, di Anj Smith. Foto © 2018 Alex Delfanne, All Rights Reserved

Laura Lombardi, 27 gennaio 2022 | © Riproduzione riservata

Il perturbante di Smith e l’utopia salvifica di Berti | Laura Lombardi

Il perturbante di Smith e l’utopia salvifica di Berti | Laura Lombardi